Giorno -1
E’ tutto pronto.
Permesso per l’entrata nel parco nazionale dell’Everest: fatto.
Registrazione presso le autorità per poter fare l’escursione (Tessera TIMS): fatto.
Prenotazione viaggio in jeep per 5 persone fino a Jiri punto di partenza per l’escursione: fatto.
Tre portatori per cinque persone, i tre nuovi arrivati hanno quintali di roba da portarsi dietro: fatto.
Volo di ritorno Lukla-Kathmandu: fatto
E così pure per gli ultimi acquisti, come ad esempio la cioccolata e parte dell’equipaggiamento che ci siamo dimenticati, esempio berretto di lana calda e guanti!
Siamo in cinque. Oltre a me e a Franta si sono aggiunti Jindra, Anna e Marcela. Sono arrivati a Kathmandu lo stesso giorno in cui noi due abbiamo oltrepassato il confine tra India e Nepal a Rexaul. Dopo quasi due mesi di India era ora di cambiare aria anche se abbiamo dovuto fare tutto di corsa dal Tamil Nadu al Nepal in una settimana circa. Tutto ovviamente via terra come stiamo facendo da Istanbul.
Oramai manca pochissimo all’inizio del viaggio che mi porterà da Jiri fino al Campo Base dell’Everest a quota 5.364 metri in circa tre settimane di su e giù tra le montagne himalayane. Sono eccitatissimo. Spero di essere fisicamente pronto per la lunga ed estenuante camminata. Ho camminato con lo zaino pesante, la mia casa ambulante, attraverso l’India, ma l’ultima settimana ho speso più tempo col culo su un sedile in treno di quanto ne abbia trascorso in sei settimane da Amritsar a Kanniykumari, la punta dell’India.
L’idea è quella di acquisire la giusta forma fisica nella prima settimana, da Jiri a Namche Bazar a quota 3445 metri, prima di affrontare le impegnative salite a 4-5000 metri, dove l’ossigeno manca e lo sforzo si fa più intenso. Non sono così sicuro dei miei mezzi. Qualcuno lassù mi ha donato delle qualità, ma non ha certo abbondato nella forma fisica.
Penso di avere tutto quello di cui ho bisogno. L’equipaggiamento dovrebbe essere sufficiente. A Kathmandu non fa freddo. Alla sera si esce con una giacca sopra una maglia leggera e di giorno si può pure stare in maniche corte al sole. In generale non sopporto bene il freddo. Mi rifiuto di giocare a pallone quando la temperatura scende sotto la doppia cifra. Che abbia scelto il viaggio sbagliato? Per fortuna l’inizio di Marzo non è poi così freddo. Lassù farà più freddo, ma quanto? Mi hanno pure convinto a prendere una giacca in piuma d’oca senza maniche.
Thamel, il quartiere turistico, è pieno di negozi che vendono merci firmate contraffatte per cifre irrisorie. Ad esempio la giacca Mammut che ho comperato l’ho pagata l’equivalente di 13-15 Euro. Se fosse originale costerebbe almeno il triplo.
Entrare in un negozio outdoor, sebbene di marche fasulle con prodotti di qualità “usciti dalle nostre fabbriche in Nepal”, è una tentazione all’acquisto. Prima di partire per il giro attorno al mondo ho visitato tutti i negozi di outdoor di Praga, inclusi quelli online. Era come una droga. Dovevo entrare in un negozio al giorno altrimenti mi sentivo disturbato, come se qualcosa mancasse. La ricerca del prodotto giusto mi ha fatto fare amicizia con quasi tutti i commessi nei vari punti vendita. Con un senso di egualitarismo, ho distribuito ricchezza in modo responsabile un po’ a tutti. Chissà le risate dei commessi cechi durante le mie spiegazioni in lingua ceca sui prodotti che dovevano essere: leggeri e resistenti, caldi e freschi, traspiranti e antivento e antipioggia, di veloce asciugatura e facili da lavare. Oh, ovviamente in svendita o a prezzo modico.
Domani saranno tre mesi che viaggio via terra, ma quasi non mi rendo conto del tempo passato. Davanti a me ho una lunga e pesante escursione da compiere. Penserò al passato quando ritorno. Ora non ho tempo di guardare indietro a quello che è stato.
Siamo arrivati il giorno di Holi, il festival dei colori, a Kathmandu. A Varanasi, in India, era già da una settimana che si preparavano a questa festa e Franta ne aveva fatto le spese. Durante Holi, o Holy, gli induisti si scatenano in allegre guerre di bombe d’acqua e colori. Le strade sono colorate, la gente è colorata. E’ permesso un po’ di tutto, nel segno del divertimento e dei festeggiamenti.
Il confine prescelto per entrare in Nepal è stato quello di a Rexaul attraversando lo stato non troppo sicuro del Bihar. E’ la strada meno battuta dai turisti, ma ci ha evitato un lungo viaggio in un autobus balzellante. Il treno da Varanasi aveva 12 ore di ritardo e ci aveva costretto a dormire per terra nella sala d’aspetto alla stazione e quello per il confine partiva “solamente” 4 ore dopo l’orario previsto. Siamo giunti al confine nel cuore della notte e ci siamo fatti trasportare da un ciclo risciò ad un alberghetto non troppo pulito. Abbiamo lasciato l’India alle 7 del mattino, dopo aver svegliato il proprietario di un negozio di fotografie per farci fare le due foto formato passaporto che non avevamo e che ci servivano per il visto Nepalese.
Abbiamo attraversato il confine a bordo del ciclo risciò del giorno precedente. Siamo stati costretti a pagare cento rupie di mazzetta al dipendente governativo indiano. E’ stato l’ultimo episodio di abuso dell’autorità che mi ha lasciato l’amaro in bocca e ha rovinato un poco l’opinione e il rispetto per l’India. Peccato. Era filato tutto più o meno liscio fino ad allora, ed essere costretto a pagare per fare quello che era in mio diritto, e cioè attraversare il confine e lasciare l’India, mi ha fatto incazzare. Ma non si poteva fare altro che pagare.
Il confine tra India e Nepal è un via vai di gente locale che lo attraversa senza bisogno di nessun visto e senza alcun controllo. Sembra una sorta di Shenghen. Immagino però che a volte, se si è sfigati, le autorità di una o dell’altra parte, fermano il malcapitato per un “controllo di routine” e lo costringono a pagare per passare.
Siamo saliti su una jeep con altre quattro persone e cantando a squarciagola una canzone della colonna sonora del film di Bollywood “3 idiots”, 3 idioti, abbiamo attraversato le prime montagne salendo fino a 1900 metri per poi seguire una gimcana sabbiosa e stretta scendendo a Kathmandu tra poveri villaggi. La canzone faceva più o meno così:
Gimme some sunshine
Gimme some rain
Gimme another chance
I wanna grow up once again
Diciamo che la mia voce non era la migliore del gruppo. Qualcuno lassù mi ha donato delle qualità, ma non ha certo abbondato con le mie qualità canore.
Ad ogni villaggio scattava l’allarme. Velocemente i finestrini venivano alzati. Il che non era poi così male visto che attraversavamo strade solitamente polverose o sabbiose e io, seduto dietro, avevo già respirato l’equivalente del milanese Castello Sforzesco di sabbia. Dovevamo diventare un mezzo blindato che non lasciasse spiragli con l’esterno. Ad ogni curva bambini, ma anche ragazzi, ci attaccavano da ogni lato con bombe ad acqua, a volte acqua colorata. Dentro alla nostra fortezza su quattro ruote ridavamo divertiti degli sforzi delle truppe d’assalto che con grida di guerra cercavano invano di penetrare la dura corazza rappresentata da dei non troppo spessi finestrini. Un paio di volte però, spocchiosamente sicuri delle nostre difese, oppure troppo lenti nell’alzare il finestrino a causa di una leva manuale che dava segnali di diserzione, bombe d’acqua penetrarono il nostro sistema difensivo. A farne le spese sono stati Franta colpito in pieno volto da un palloncino color rosso pieno d’acqua, e da uno dei locali seduto di fianco all’autista mentre dormiva sicuro che il pericolo era passato.
A Kathmandu le scene della guerra dei colori erano impietose. Non c’era ragazzo che non fosse bagnato o colorato dalla testa ai piedi. C’erano pure le “Pattuglie del colore” su moto honda 150 che non erano state risparmiate nella battaglia. Due viaggiatori con zaini enormi, noi, erano un obiettivo fin troppo facile, ma con strategie difensive da marines, movimenti rapidi e inaspettati zig zag, utilizzando il sole per vedere l’ombra dei palloncini lanciati da dietro di noi, siamo riusciti a sopravvivere incolumi e incolori fino al primo taxi che ci ha portato a Thamel. Thamel è il quartiere turistico di Kathmandu pieno di guest house, hotel e negozi e agenzie turistiche specializzate in escursioni. Sarebbe stata la nostra casa per la preparazione della nostra “Spedizione Everest Campo Base”.
- blog di Unprepared Andrea
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