16.02 Jinja, notti brave in Africa
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Uganda, cittá di Jinjia, pronuncia gingia, all'origine del Nilo presso il lago vittoria. Ringrazio dio e un angelo nero se sono qui a scrivervi. Tutto cominció in campeggio, piú precisamente al bar del campeggio.
Franta ovviamente era in tenda, lui non fa mai festa quando c'é da bere, e c'era un folto gruppetto di inglesi che lavorano a progetto nel campo dell'umanitario. C'era un inglese, Rob, col quale avevamo passato il pomeriggio e col quale c'era affiatamento. Sfidammo i locali a biliardo e li stracciammo, ovviamente non grazie a me.
C'erano parecchi neri al bar, tutti assidui frequenatori del locale e amici degli inglesi. Era il compleanno di due di loro e ci dirigemmo in una discoteca. Io, Rob e uno dei festeggiati fummo gli ultimi a partire. Prendemmo, per la seconda volta, un boda-boda, cioé una motocicletta taxi. Eravamo in quattro sulla motocicletta, e nonostante tutto arrivammo a destinazione sempre piú allegri. Entremmo nel locale.
Era una discoteca semplice ma piena di gente, soprattutto neri. Non differiva molto da un qualsiasi locale per giovani in Europa. Ci mescolammo tra la fauna locale con il festeggiato che ci offrì da bere. La maggior parte della gente locale vestiva principalmente di bianco, che con l'effetto delle luci stroboscopiche e l'oscuritá della pista da ballo creava un effetto strano. Sembrava ci fossero delle camicie bianche che ballavano da sole.
La serata scivolò tranquilla rifiutando tentativi di abbordaggio. Ero un bianco e perció trombabile da qualunque prostituta avesse fame di soldi e di uccelli bianchi. Dissi no a parecchie malattie veneree. Poi, quando intuii che ero stracotto, decisi di tornare a casa lasciando Rob a chiaccherare con una ragazza il cui suo ragazzo aveva dato segni di gelosia e fui costretto ad intervenire per calmarlo e fare da spalla all'inglese un po' naive e cavaliere senza macchia che credeva ancora nella galanteria... Sì, in Africa... Salii su una motocicletta e questo fu un grossissimo errore.
Contrattai il prezzo e lo portai a giuste dimensioni. Salii su sedile posteriore e dopodiché mi ritrovai sdraiato sul cofano di un'auto bianca con un bianco che mi teneva un fazzoletto in testa e mi diceva di non muovermi.
Ero caduto avevo sbattuto la testa per terra.
Fortunatamente lui era lí fuori seppur ubriaco e per giunta era italiano e si chiamava Alessandro. Ma chi si prese cura di me era la ragazza che stava con lui, che scoprii alla mattina era una lesbica che c'aveva provato con la ragazza di lui, l'italiano. Ma questa é un'altra storia.
Volevo tornare al mio campeggio, ma ovviamente, i soccoritori lo esclusero e mi portarono da loro dopo aver raccatato un loro amico ubriaco marcio. Credereste ad un ubriaco che ha appena sbattuto la testa? Beh, se sì allora state peggio di lui.
Lungo la strada di ciotoli che portava al bungalow di Alessandro sorreggevo il ragazzo che non stava in piedi mentre con una mano mi premevo il fazzoletto sanguinante sulla fronte. Notai che Alessandro, ubriaco com'era, camminava scalzo sui sassi come fosse niente. Aveva perso le scarpe in discoteca. L’angelo nero ci faceva da faro sorreggendo pure lei il ragazzo che non dava segni di vita se non per il russare. Ci sdraiammo tutti e quattro su un letto matrimoniale e sprofondammo in un rumoroso sonno ristoratore. Alla mattina mi svegliai e constatai che la notte precedente non era un brutto sogno, ma era accaduto tutto veramente.
Fortunatamente ora sono qui a raccontarvi il fattaccio e me la sono cavata solo con un taglio piccolo, ma profondo poco sopra il sopracciglio destro. La padrona del campeggio era pratica di infermeria e alla domanda „C’è un ospedale dove poter andare per mettere due punti di sutura?“ lei guardandoci storto come se avesse a che fare con due pazzi rispose: “Sì, c’è. Ma io non c’andrei nemmeno se mi avessero tagliato un braccio.“ Fu convinciente. Estrasse una magica valigietta rossa con una croce bianca e mi diede dei cerotti per tagli come il mio. Meno male, anche se una traccia rimmarrá sicuramente.
Lasciatemi continuare il racconto di questa notte brava africana con qualche parola sulla serata dell'inglese, aspirante al titolo di cavaliere senza macchia e senza paura. Rob mi cercó al mattino e disse che doveva scappare dalla cittá quel giorno stesso. La sera percedente non capendo che doveva lasciar stare la ragazza col ragazzo geloso come gli avevo piú volte suggerito, tornó alla carica, ovviamente provocato da lei. Verso mattina il ragazzo di lei litigó animatamente con la ragazza e la gettó a terra bloccandola. Rob assistette alla scena e non poté esimersi dall‘íntervenire. In fin dei conti é pur sempre un gentleman inglese. Dopo cinque minuti Rob aveva preso il posto della ragazza con la schiena a terra e bloccato. C'era parecchia gente attorno e alcuni cominciarono a insultare Rob chiamandolo bianco bastardo. Fortunatamente qualcuno, forse un capo gang, intervení e disse di lasciarlo andare. Rob sparì da Jinjia, o gingia, quel giorno stesso con le sue gambe.
Non rimasi a lungo in quel paese in mezzo alla natura. Dopo pochi giorni di riposo e un tentativo fallito a Kampala di ottenere il visto per l’Etiopia, prendemmo un minibus per Mbale. Lì avremmo organizzato la nostra spedizioni sul Monte Elgon, attraversando a piedi il confine con il Kenya.
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