Bombay, la citta' dal decimo piano

Heena fu una padrona di casa fantastica e la figlia, Vaari di due anni, era così adorabile da volerla abbracciare continuamente. Heena è nata in Inghilterra da genitori indiani e ha sposato Ash, indiano di Calcutta. Si sono conosciuti a Londra e dopo essersi sposati hanno deciso di provare a vivere in India. Per lui è facile, è cresciuto in Bengala, ma per lei che è cresciuta in Inghilterra e non parla Hindi, non è la stessa cosa, ma si stava adattando meglio di quanto pensasse.

“All’inizio mi prendevo cura della casa e della bambina da sola, ma poi le mie amiche di qui mi dissero che ero pazza e che dovevo trovarmi uno o due governanti.” Parlavamo seduti sul divano del loro appartamento con vista sulla baia. “L’idea di avere una governante mi era estranea, ma qui in India è una cosa normale, quasi un obbligo. E così eccole qui, una che cucina e stira e l’altra che fa le pulizie. Almeno posso dedicarmi al 100% a Vaari e imparare un po’ di Hindi.”

Mentre si chiacchierava le due governanti ci passarono davanti e la più adulta cominciò a pulire per terra sulle ginocchia con uno straccio. Io guardai un po’ perplesso. Dov’era la scopa? Possibile che la mia gentile amica costringesse la donna a inginocchiarsi sul pavimento? Heena lesse la mia perplessità e il mio imbarazzo.

“Quando sono arrivata qui ho avuto difficoltà ad accettare e ad abituarmi alle consuetudini di qui. Ci sono cose che mi infastidiscono e non mi piacciano. Cose che non sopporto e che trovo ingiuste. Altre cose non le capisco proprio e penso che la gente di qui sbagli. Ma poi mi chiedo: Chi sono io per cambiare i loro rituali e le loro tradizioni? Sono forse io a decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato? Non posso essere l’ospite che cambia l’arredamento a casa del padrone.” Capivo quello che diceva. Ci sono cose che io reputo totalmente sbagliate nei Paesi che ho visitato finora. E al tempo stesso so che la gente pensa che io e la mia gente è nel torto.

“Andrea, ti faccio uno stupido esempio. Ho comperato una scopa per pulire per terra. La ragazza ha sorriso con riconoscenza, l’ha usata una volta, e poi vedi tu stesso. Gliel’ho spiegato più volte cosa dovesse fare e che la scopa era per il bene della sua schiena. Faceva di sì con la testa, e poi… è abituata così. Così è cresciuta e non è pronta e non vuole cambiare. Ho provato, con molte altre cose che usiamo in Europa, ma non loro non le accettano. E alla fine sono stata io ad abituarmi ai loro usi.”

Non è forse vero che dove andiamo cerchiamo sempre di portare “il giusto”? Il problema è che si tratta della nostra verità, spesso la verità occidentale. A volte sconfinando nel paradosso, come portare il modello democratico occidentale nell’Asia al ritmo di bombe. Sono convinto che ognuno debba farsi portavoce di ciò che pensa sia il modello giusto da attuare per avere una vita e un’esistenza felice e serena, ma un’idea deve passare attraverso un dialogo e un processo di comprensione reciproca. Rispetto e ascolto per capire una cultura e la gente, sono, per me, elementi imprescindibili di un mondo di pace. L’imposizione di certi modelli di vita in una società che ha le proprie tradizioni millenarie non può portare che sconforto, incomprensioni, disorientamento e frustrazione.

Sono per i piccoli passi, altrimenti si innescano subito sentimenti difensivi che impediscono di far passare certi messaggi positivi, come per esempio come trattare i propri figli. In India, nelle classi inferiori, cioè per la maggior parte della popolazione, c’è molta violenza sui minori, e le forze dell’ordine non fanno nulla, perché non ci si deve intromettere nella vita familiare (testimonianze dei volontari che conobbi poi a Goa). A niente serve portare la polizia in famiglia, se non a inasprire il comportamento terribile come ripicca. Però qualcosa bisogna pur fare per difendere quei piccoli! Ma cosa e come?
Heena, a sua insaputa, mi aveva dato materiale per un pensiero infinito.

Quando andai in centro a Bombay da solo presi il treno al volo, letteralmente al volo in quanto i treni per il trasporto cittadino non si fermano alla stazione. Semplicemente rallentano. Rimangono in sospensione per un paio di secondi e poi ripartono. Generalmente si hanno circa dieci secondi tra il rallentamento e l’accelerazione ad un velocità ragionevole affinché la gente dentro scenda e quella sulla piattaforma salga. Poi ci si aggrappa con mezzo busto fuori e si va. Arrivai all’ultima fermata prendendo il vento in faccia uncinato alla parte superiore del varco d’entrata.

Mangiai un thali deluxe e vagai n giro osservando i ragazzi che giocavano a cricket e incontrai padre Bento, originario di Goa, chiaramente di origine e nome portoghese, che dirigeva la chiesa di Saint John con annessa la scuola. Non andai a prendere il tè con lui, nonostante il caloroso invito, e mi limitai a discutere sulla chiesa in India. Era contento del mio interessamento e si dimostrava sereno di come si poteva essere cristiani in un Paese induista.

Alla sera andai a bere qualcosa in un locale molto alla moda dove un cocktail costava tanto quanto due notti in camera doppia a Pushkar. Ne risi di cuore e feci piegare in due anche i miei padroni di casa. Con Heena parlammo per ore rivangando i vecchi tempi e sognando quelli ancora da venire.
Heena, Ash e Vaari partirono per Calcutta e mi lasciarono le chiavi di casa per un giorno. Franta sarebbe arrivato il giorno dopo e avremmo continuato per Goa, in autobus. Mare, sole e spiaggia! Non vedo l’ora. Me lo meritavo.