Giorno 10 Machermo - Gokyo
Ho passato la notte a pensare a quei cinquanta metri in leggero declivio prima di Machermo e al fango. E se più avanti è peggio? Sono seghe mentali lo so e io sono una fighetta. Solitamente quando ho delle difficoltà le supero facendole scivolare su di me. Non ci penso e passano. Questo è diverso. Per la prima volta ho avuto paura di scivolare giù a centinaia di metri e di non essere più qui. E’ un mio personale problema. Il sentiero non è difficile, ma lo sto facendo diventare. Poi Franta che sta male e il tempo di merda…
Ci svegliamo con un po’ di nuvolo. Meglio così, vuol dire che lungo il percorso la neve tarderà a cambiare vestito e diventare fango marrone e sudicio.
Attorno a noi è tutto bianco neve. Dopo aver costeggiato la montagna senza problemi attraversiamo una piana dove scorre un rigagnolo ghiacciato che ci divertiamo a oltrepassare scivolando cautamente. Non ci sono alberi dove fermarsi per una pausa obbligata, solo cespugli e un masso enorme che battezzo mia toilette.
Proseguiamo oltrepassando un villaggio segnato sulla nostra mappa che si rivela essere composto da una lodge e una fattoria lungo il torrente.
Incrociamo i soliti portatori sotto al loro carico pesante e pastori a spasso con gli yak. La maggior parte ha delle scarpe da ginnastica, non proprio adatte al loro lavoro, i più fortunati hanno degli scarponcini, ma ci sono pure quelli che camminano con dei sandali! Ho visto quest’ultimi per lo più in zone basse e senza neve. Non posso immaginare di vederli camminare sulla neve in quelle condizioni. Sono tutti vestiti leggeri con pantaloni, maglia di pile e una giacca, a volte di piuma a volte una giacca a vento come le nostre. Alla fine della propria avventura alcuni escursionisti lasciano il materiale e gli indumenti che non utilizzeranno più in un centro raccolta che poi distribuisce quello che ha ricevuto ai portatori. Per questo si vedo sfilare portatori con maglie lacere tra giubbini e zaini North Face (la North Face di Kathmandu, ovviamente).
Anche attraversando i villaggi il vestiario non cambia per gli uomini. Mi aspettavo dei vestiti tradizionali, ma quelli li ho visti solo quando sono stato forzato a guardare il film del matrimonio Sherpa a Lukla. Invece le donne girano spesso indossando un grembiule a righe orizzontali dai colori vivi su un vestito a gonna longa. Questa regola non cambia sia che lavorino nei campi, trasportino della merce sulla schiena, o gestiscano una lodge.
Incrociamo altri escursionisti e domando com’è lassù.
“C’è neve, ma non molta. Si cammina tranquillamente senza problemi. Questo è il pezzo più duro. Si sale e poi quando svolterai a sinistra incontrerai il primo laghetto. Da lì in poi è una leggera salita fina a Gokyo.”
E così è. Alla fine degli scaloni giro a sinistra e supero un ponticello su una piccola cascata. C’è un cartello con scritto “Gokyo”. Siamo entusiasti e non vediamo l’ora di arrivare. Tutto va bene oggi. Il sole splende e fa caldo. Indosso sempre una maglietta merino e la giacca softshell per il vento che ogni tanto arriva da dietro.
La cascata è generata da un rigagnolo che esce dal primo laghetto di Gokyo. Al terzo troveremo il villaggio e ci fermeremo. Facciamo le foto di fronte alla targa che dice 4710 metri. Fra sessanta metri mi siederò al coperto nella nostra lodge. Il primo lago è molto piccolo, una pozzanghera. Andiamo oltre. Comincio a sentirmi un po’ affaticato anche se non abbiamo camminato a lungo.
Attraversiamo la leggera salita tra la neve. Secondo lago, 4728 metri. Mi trovo davanti ad una distesa di ghiaccio. Verrebbe voglia di camminarci sopra. L’unico punto aperto è all’entrata dell’immissario. Non capisco da dove esca l’acqua. Probabilmente prosegue sotto il ghiaccio.
Mentre oltrepassiamo il lago sentiamo degli starnazzi. Cosa? Delle anatre più grosse di quelle che sono abituato a vedere e con un colore tra l’arancione e il marrone. Non sappiamo come si chiamano. Decidiamo per “Anatre gokyane”.
Ora cammino pesantemente. Ad ogni passo tiro il fiato. Ma come è possibile? Non ho fatto molta strada e sono andato lentamente. Risposta: altitudine e la diminuzione d’ossigeno nell’aria. Fino ad ora l’unico effetto che l’altitudine aveva avuto su di me erano dei leggeri mal di testa che svanivano velocemente. Non avevo mai avuto problemi di, chiamiamole pure così, prestazioni. Improvvisamente mi trovo di fronte a una nuova sensazione. Una sgradevole sensazione. Vedo che anche gli altri rallentano, si fermano, non scherzano e non hanno una faccia felice. Ci abitueremo. Per il momento non è nulla che mi costringa a fermarmi. E’ solo qualcosa di diverso che non avevo mai provato prima e ho bisogno di un po’ per capire come reagisce il mio corpo. L’Himalaya mi sta insegnando parecchie cose su di me.
Il terzo e più ampio lago si trova a 4734 metri. Ovviamente è ghiacciato e contornato da neve. Alla fine intravediamo le case del villaggio. Sì, finalmente! Gokyo Ri, la cima da scalare domani, e di fronte al villaggio verso il passo Renjo, opposto al passo Cho La. Dovremo attraversare il ruscello che alimenta il lago prima di iniziare la salita. Ci sono degli accumuli di neve qui e lì, ma tutto sommato non sembra difficilissimo da qui.
Arriviamo stanchi, tutti, nessuno escluso. Andiamo nella sala da pranzo. E’ da poco passata l’una e dobbiamo pranzare. Cominciamo con del tè. Siamo silenziosi. Ania e Marcela hanno pure mal di testa. A me mancano le forze. Mi sento come rapito dall’indolenza. Sono seduto al tavolo e fisso la mia tazza di tè. Ogni tanto sorseggio la bevanda. Nessuno parla. Arriva il cibo.
Appena divoro meccanicamente il mio dal bhat riacquisto le forze e il fiato. L’energia ritorno velocemente come era sparita. Va tutto bene. Ad Ania il mal di testa non smette. Va in camera assistita da Jindra. Dopo un paio d’ore e un po’ di riposo ritorna fresca col sorriso.
Nel pomeriggio arrivano le solite nuvole. Nevica pure, ma solo per poco. Alla sera comincia a schiarirsi. Ci mettiamo d’accordo per vedere il sorgere del sole che dovrebbe avvenire intorno alle 7. Le guide dicono due o tre ore di salita, perciò decidiamo di partire alle 4.30 in piena oscurità. Andiamo a dormire non appena vediamo delle stelle in cielo per essere sicuri che il nostro piano non debba essere cambiato.
- blog di Unprepared Andrea
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