Giorno 4 Namche Bazar-Kumjung-Namche Bazar
Il ginocchio mi fa male. Non il destro che il dottor Ptacek (letteralmente il dottor Uccello) a Praga mi ha diagnosticato con una piccola malformazione che se peggiora dovrà essere operato, ma quello sinistro.
Opto per una passeggiata defaticante.
Imbocco la strada di destra che mi sembra abbastanza piana. E’ larga, ma da su uno strapiombo che non lascia indifferente le mie vertigini. Continuo fotografando allegramente Ama Dablam.
Ad ogni curva il sentiero piega a sinistra e continua in leggera salita. Penso sia la camminata giusta per me oggi. Il sole mi scalda e mi dona energia. Sono di buon umore e proseguo.
Dopo due ore di cammino penso che forse sia il caso di tornare indietro. In fin dei conti doveva essere solo una passeggiata defaticante. Ma oltre il ristorante che vende formaggio di yak, o meglio di nak, visto che yak e maschile e nak femminile e fino a prova contrario lo yak maschio non produce latte, c’è un cartello che mi fa sapere che Kumjung è ha soli venti minuti. Giro a sinistra e salgo verso Kumjung a 3800 metri.
Bastardo il cartello. Venti minuti per uno sherpa allenato, non per un reduce dai propri errori di orientamento. Sono una quarantina di minuti in salita per me. Raggiungo il villaggio e pranzo in un ristorantino dove la padrona sta stampando delle preghiere sulle bandierine colorate che vedo ovunque su qualsiasi stupa.
Dopo decine di foto random è tempo di tornare a Namche. Prendo la scorciatoia che supera il monte e scende aggressivamente a valle oltrepassando l’aeroporto di Syangboche che altro non è che un campo in terra battuta per ultraleggeri utilizzato dai ricconi che alloggiano all’Everest View Hotel. Prezzo di una stanza: fino a duecento dollari a notte, così si favoleggia in valle.
Inizio la discesa accompagnato da un ragazzo di quindici anni che va a Namche a fare la spesa. Oggi e giorno di mercato e manco lo sapevo. Namche quasi non si vede. Dal basso della valle, sulla mia sinistra, nuvole grigie stanno lentamente inghiottendo tutto. Sembra il nulla de “La storia infinita”. Vedo solo parte del villaggio e una parte è… grigio, nulla, vuoto. Potrebbe esserci una profondità chilometrica dietro a quel grigio. Terribile e affascinante allo stesso tempo.
Mi ricorda la nebbia a Caorle. A volte andavo sulla spiaggia. Camminavo incontro al mare fino a che non vedevo più la passeggiata, e al tempo stesso potevo percepire il mare solo dal suono sommesso delle calme onde. Ero in mezzo al nulla. Disorientato. Cieco. Terribile e affascinante allo stesso tempo.
Scesi fino alla solita quota di 3445. “Cammina alto e dormi basso”. Sto raggirando il mal d’alta quota.
Finalmente trovo un messaggio di Franta. Dovrebbero arrivare domani. Era ora, ma non mi fido.
- blog di Unprepared Andrea
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