Giorno 16 Lobuche - Campo Base Everest - Gorak Shep
Il grande giorno comincia soleggiato, ma in ritardo perché la nostra colazione che abbiamo ordinato con tanto scrupolo per partire per tempo non è pronta e il ragazzo che deve fare i conti non sa usare la calcolatrice.
Passiamo sopra ad una morena. A un centinaio di metri passa il ghiacciaio. Abbiamo un passo relativamente accelerato perché per arrivare al campo base ci vogliono circa 4 ore e poi dobbiamo tornare indietro fermandoci a Gorak Shep, 5147 metri.
Arriviamo velocemente al villaggio e mangiamo qualcosa prima di riprendere il percorso. Lasciamo tutta il nostro bagaglio nella lodge dove dormiremo. Mentre mangiamo una zuppa raccolgo informazioni su quando sorge il sole a Kala Pattar. La cima, a 5540 metri, è la nostra meta per domani. L’ultimo 5000 da dove vogliamo vedere il sole far capolino da dietro l’Everest. Ma ora basta chiacchiere, siamo in ritardo.
Dopo il lago di sabbia di Gorak Shep mi inerpico sulla morena di destra del ghiacciaio e la percorro fino al campo base.
Nuptse è maestoso come il ghiacciaio che scende dalle sue pareti, ma ancora più impressionanti è il Kumbhu Ice Fall. E’ giusto sopra al campo base ed è il punto di partenza e una delle parti più pericolose per le spedizioni. E’ una parte del ghiacciaio piena di crepacci, serac, che vengo oltrepassati anche tramite l’utilizzo di scale messe orizzontalmente. Lo spettacolo è maestoso, lungo al ghiacciaio, ma mano che avanzo al suo fianco vedo spuntare qua e là dei laghetti.
Una mandria di yak che trasporta materiale per le spedizioni mi divide da Franta. Non c’è verso di superarli sullo stretto corridoio sull’orlo della morena. Mi accompagnano fino ad una piazzetta creata come punto di riferimento per il campo base, dove c’è pure una targa che indica l’altitudine, 5364 metri. In realtà non è il vero campo base. Le spedizioni sono oltre, alla fine del ghiacciaio, quasi sotto al Kumbhu Ice Fall. Ne conto almeno sei. Mi dico che la stagione è finalmente arrivata.
La particolarità del campo base dell’Everest è che… non si vede l’Everest! Si intravede la cima lungo il tragitto, ma una volta arrivati a destinazione ci si trova troppo a ridosso delle montagne. Si vede solo il West Ridge sopra l’Ice Fall. Nuptse e Pumo Ri fanno da contorno più che suggestivo.
L’aspetto che mi emoziona di più è il ghiacciaio. Il fatto che mi trovi sopra è un’idea che non riesco ancora a concepire. Il muro di ghiaccio che si trova sopra di me pieno di crepacci con lastroni in bilico ha dell’incredibile. Vorrei andare lì sopra e scuoterne giù un paio per vedere cosa succede. Sono pensieri irrazionali i miei.
C’è un via vai di merce per le spedizioni. Sembra sarà un periodo molto occupato. Faccio un altarino di pietre piatte per un buon auspicio insieme a Kul. Ho perso Franta che è andato avanti con un’alpinista spagnolo. Dopo un po’ il vento diventa fastidioso stando fermi e decido di tornare indietro. Kul mi segue. E’ soddisfatto pure lui di essere venuto con noi e questo mi rende felice. Sono contento che la nostra gioia e obiettivi siano condivisi anche dal nostro amico.
Il percorso inverso è veloce e rientro a Gorak Shep in tempo per godermi un paio d’ore di sole sulla terrazza della lodge scambiando due chiacchiere con i danesi che stavano male e che in mattinata erano in perfetta forma. Ora sono peggiorati nuovamente dopo 400 metri di dislivello senza preparazione. Non capisco perché rischiare così…
Franta arriva due ore dopo ancora più stanco. Mangiamo e ci prepariamo per domani. Sveglia alle 4.30 per salire l’ultimo 5000, quello più alto: Kala Pattar a 5540 metri. Stanotte dormiamo già sopra i 5000, ma non conta come punto d’arrivo.
C’è una scacchiera e riprendiamo dall’uno a uno. Incredibile, pareggio con in neri e perdo con i bianchi.
Siamo a quota tre con il campo base che è stato molto facile da raggiungere. Dormo tranquillo sotto alla morena sapendo che a un centinaio di metri c’è un ghiacciaio vecchio di tanti anni che non riesco a contare.
- blog di Unprepared Andrea
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