25.03 Il paradiso di Koh Rong Island

Arrivai a Sihanoukville alle 7 del mattino e prima di cominciare la ricerca di un alloggio feci la mia consueta colazione a base di noodle soup, una zuppetta con verdure e spaghetti.
Salii su una motocicletta e mi feci portare alla spiaggia. Era la mia prima motocicletta nel sudest asiatico e dopo l’incidente in Uganda. Tutto andò bene e trovai un letto per tre “dolla” in camerata in un posto un po’ losco con un’ampia terrazza bar dal nome pretenzioso, Utopia.
La spiaggia di Sihanoukville non mi piacque. Era lunga, ma non c’era molto spazio tra la fila di bar e ristoranti e il mare. L’atmosfera non mi catturava, una questione di sensazioni.
Andai ad uno dei tre centri per le immersioni e il giorno dopo ero imbarcato per Koh Rong, un’isola a due ore di barca dalla terraferma.
Era da molto che volevo respirare sott’acqua nuovamente e quand’ero a Phonsavan nel nordest del Laos trovai un depliant cambogiano in un’agenzia turistica. “Vieni a fare immersioni in Cambogia!” In quel periodo non volevo andare in Cambogia, ma direttamente in Thailandia. Quella brochure mi fece cambiare idea e piani di viaggio.
Mi aspettavo di trovare un’isola piccola, con costruzioni di cemento, qualche hotel e tutto compresso in pochi metri e invece fui stupito di trovarmi su un’isola paradisiaca.
C’erano tre spiagge una dopo l’altra. Due erano di sabbia bianca finissima. Camminandoci sopra a piedi nudi si udiva un particolare rumore, quasi uno scricchiolio.
Purtroppo raccolsi anche delle bottiglie di plastica lasciate dai pochi abitanti, per lo più pescatori o che lavoravano nella sede del partito presente pure in quell’isola. Gli avevamo portato la coca cola e la plastica, ma non gli avevamo spiegato come smaltirla o cosa farne. Per quella gente di mare abituata ad andare a prendersi l’acqua al fiume e vivere senza elettricità, tutto era riciclabile direttamente dalla natura. Avevano sempre fatto così. Solo che ora erano arrivati i turisti e con loro c’era bisogno di avere più beni a disposizione. Anche i turisti contribuivano direttamente o indirettamente a sporcare le spiagge, come accade in tutto il mondo.
Mi dissero che in un mese erano stati costruiti due piccoli centri turistici con bungalow fatti con il legno della foresta dell’isola. Ancora qualche anno e quel posto di pace, sabbia fina, mare azzurro e foresta verde, diventerà un altro centro per il turismo di massa. Nel frattempo io me l’avrei goduto.
Erano pochi i turisti che si fermavano a lungo. Ci conoscevamo tutti e spesso ci ritrovavamo a mangiare nell’unico ristorante gestito da gente dell’isola oppure a bere una birra in uno dei bar dei bungalow. Molti di loro erano arrivati lì solo per un giorno e poi erano rimasti settimane. Anch’io prolungai il mio soggiorno di qualche giorno oltre ai giorni dedicati alle immersioni.
In poco tempo già salutavo la gente dell’isola e giocavo con i bambini. Anche i cani avevano imparato a riconoscermi e a corrermi incontro quando passavo. Eravamo una grande famiglia anche se non era facile comunicare con quella gente non conoscendo la loro lingua. Anche ragazzi del centro immersioni erano simpatici e mi divertii con loro, nonostante la visibilità non era quello che mi aspettavo.
Oltre la spiaggia si estendeva un fitta foresta che si arrampicava sulle colline. Un giorno seguii un sentiero ripido e arrivai dall’altra parte dell’isola dove c’erano solo uno decina di bungalow solitari e una trentina di persone perdute dal mondo.
Una sera arrivarono due temporali. Uno da occidente e uno da oriente e si diedero appuntamento davanti alla nostra baia. Il cielo si illuminava a giorno ad ogni lampo. Sembrava qualcuno stesse accendendo e spegnendo la luce del cielo. Quella sera gli abitanti non si riunirono al ristorante per guardare l’unica televisione del villaggio. Il generatore di elettricità era stato staccato per paura che fungesse da parafulmine. Io avevo il mio spettacolo davanti agli occhi con superbi effetti speciali.
Lasciai l’isola con un po’ di dispiacere. Il mio visto per la Thailandia era pronto a Sihanoukville e non vedevo l’ora di andare in un’altra isola, Koh Tao, stavolta però sapevo che non avrei trovato la quiete di Koh Rong.