10.01 I quattordici casi di Tallinn

A Tallinn c'era un sole indolenzito. Sembrava fosse uscito da una mischia di rugby e non aveva ancora recuperato la forza, o la voglia, discaldare nonostante splendesse nel cielo.
Capii a mie spese che a Nord l'eestate puó essere fredda, in particolare i giorni in cui mi trovavo da quelle parti.

Trovare l'ostello fu facle. Tallinn é una cittá piccola seppur capitale di uno Stato, l'Estonia. Sí, l'Estonia un delle Repubbliche Baltiche assieme a Lituania Lettonia. Uo dei tre Paesi che non si riesce mai a ricordare quale siano i tre nella mappa geografica, tra gli ultimi comparsi in Europa. Dove Riga, Tallinn e Vilnius sono capitali, ma v a sapere di quale Stato. Ho visto gente entrare in crisi profonda sforzandosi in ogni modo di accoppiare i Paese con la capitale corretta provaando ttte le cobinazioni possibili come se i noi fossero estratti a caso da due urne. "Ma sí," mi sentiodire "tanto quei tre Paesi sono tutti uguali..." Direi di no! L'Estonia, in quel momento, stava molto meglio economicamente degli altri due e forse pochi sapevano che vrebbe addottato la moneta unica nel 2011 alla faccia di tutti i Paesi della zona Euro che erano a rischio di essere messi alla porta.
Ma la caratteeristica fondamentale che distingue l'Estonia dalle altre due Repubbliche piú a sud, é l'avere una lingua dello stranissimo ceppo ungaro-finnico. Il ceco ha sette casi, l'Estone quattordici... Non mi sforzai nemmeno di iparare le solite frasi elementari che si apprenono appena arrivat in un nuovo Paese. Mi limitai "Tere", ciao, e fu piú che sufficiente a confondermi.
L'ostello era vicino a centro, al porto e alla zona commerciale. Locazione ottima. C'era pure uno strip bar nel caseggiato attaccato al nostro di cui vedevo l'insegna dalla finestra della mia camerata. Fortunatamente alla notte per strada non cera "casino".
Cominciai il primo giorno con una visita in solitario del centro. Ovviamente non mi ero preparato per Tallinn e lasciai che la cittá mi sorprendesse. E cosí fu. Il centro é un piacevole borgo medioevale tnuto a regola dárte. Passeggiare e perdersi per i vicoli mi riempí il cuore di pace e serenitá.

Franta rimase in ostello con la sua ragazza che era venuta da Praga per il fine settimana. Fu una boccata d'aria fresca separarsi per qualche giorno. Stare sempre insieme, per quanto si possa andare d'accordo, puó diventare pesante a lungo andare e quella pausa fu benvenuta da parte mia. Mi sentivo ancora piú libero di quanto giá lo fossi.
Ebbi la fortuna di incontrare una ragazza speciale, Heidi.
Heidi era una ragazza molto carina e simpatica. Aveva lunghi capelli lisci e u sorriso contagioso e sincero che regalva serenitá. Tra le innumerevoli lingue che parlava c'era pure unn perfetto italian con tanto di uso quasi arrogante dei congiuntivi che la mia parte veneta rifiutava di accettare.
Con lei mi persi nuovamente per il centro e la seguii fin al porto dove c'era una costruzione usata ai tempi del comunismoe ora abbandonata. Da quel punto privegiato si godeva unínvidiabile vista sulla baia che si apriva davanti a noi e da dove salpavano i traghetti per la Finlandia. Restaammo lí a lungo accarezzati da una fresca brezza marina senza mai smettere di parlare. Era piacevole conversare con lei. Non si rimaneva mai a corto i argomenti su cui discutere. La mia guida mi portó in altir luoghi dove non sarei mai arrivato da solo facendomi scoprire e apprezzare Tallinn sempre di piú.
Passai una piacevole serata in compagnia di un'altra ragazza estone, Mirelle, scoprendo ancora qualcosa di nuovo su Tallinn. Disse che per lei "viaggiare é come inspirare aria nuova", frase che mi piacque molto e che svelava parte del mio pensiero. Mi accorsi che non stavo raccontando molto del mio viaggio, ma a me andava meglio cosí, volevo scoprire il piú possibile sul Paese che mi ospitava e sulla sua gente. La mia storia giá la conoscevo. Tornai a casa presto e stanco, ma con una sensazione positiva di Tallinn e dell'Estonia in generle nonostante i quattordici casi.
Il giorno dopo il sole preso un giorno libero e aveva mandato al suo posto nuvole grigie che si allenavano a diventare pioggia. Ciononostante andai al parco. vevo sete di verde. Heidi mi raggiunse e quando cominció a piovere prendemmo rifugio al bar del museo. Coerente con la mia dottrina che mi imponeva di evitare i musei, mi limitai a bere un caffé e a chiaccherare amichevolmente.
Come tutti i Paesi che hanno da poco acquistato la propria libertá ni confronti del potere straniero su proprio suolo, c'erano alcuni probemi tra a minoranza dei vecchi presuntuosi padroni, i russi, e gli abitnti di quella terra, gli estoni. La minoranze tussa non aveva tranciato i rapporti con Mosca e richiedeva sempre piú rispetto della propria numerosa comunitá come ad esempio l'insegnamento in russo in alcune scuole. Gli estoni al contrario volevano un taglio netto con l'odioso passata, con tutto ció che era dominazione straniera con un forte istinto nazionalista. E come dargli torto?
Inevitabilmente c'erano degli scontri a livello politico, ma anche dei piccoli conflitti personali che potevano sfociare in rari episodi di violenza se ci si trovava nella parte sbagliata di Tallinn. Riconoscere un russo da un estone mi ricordava la scena di "Hotel Rwanda" quando al bar un giornalista chiede quale delle due ragazze e utu e quale é tutzi. Erano inistinguibili. Ovviamente questi problemi sono inezie pargonati ai conflitti nelle altre Repubbliche post-sovietiche del Caucaso e dell'Asia Centrale. Forse la loro vicinna all'Europa e la loro latitudine hanno facilitato il processo di separazione.
A volte si sentiva dire che un aereo russo aveva sconfinato lo spazio aereo estone e questo vniva usato politicamente per far presente che la minaccia russa esisteva ancora. In fin dei conti se l'avevano fatto una volta potevano rifarlo.
Heidi mi faceva parlare di tutto e alla sera, dopo un deiziosa cena in un locale del centro mi portó dal "Parucchierre". Chiaramente non avevo bisogno di alcun taglio di capelli. "Parucchiere" era il nome di un bar uderground de centro. Per entrarci bisognava scendere una scaletta e stare attenti a non sbattere la testa sul portone che portava al sottoscala. Bevemmo un paio di birre scomodando nella nostra converasazione Eco, Baricco, Calvino e Buzzati che lei adorava.
Al rientro la notte estone non era buia. Il sole sembrava insonne e continuava ad illuminare, seppur debolmente e senza farsi vedere, l'orizzonte notturno. Il centro era pieno di vita anche a quell'ora con gene che usciva da un locale per entrare in un altro.
L'ultimo giorno il sole non era in gran forma. Forse soffriva del dopo sbornia della notte precedente. Compariva e scompariva dietro alle nuvole senza mi prendere una decisione. Sembra che la sua stessa luce lo infastidisse.
Feci una camminata fino al porto lungo il parco che costeggia il mare tra gente che correva, andava in bicicletta o pattinava. Mi rilassai e lessi un libro respirando i mare.
Alla sera l'Italia s'era fatta umiliare dalla Nuova Zelnda con uno squallido pareggio. Ma che cavolo c'andavo a fare in Sudafrica? Perché proprio questo mondiale andavo a vedere?
Non avevo assolutamente voglia di volare in Africa. Stavo bene in quell'anggolo d'Europa e avevo nostalgia del viaggio in Asia. Ma oramai era tardi. Il giorno dovpo avrei attraversato il tratto di mare che separa Tallinn da Helsinki e avrei preso il volo per Johannesburg. La decisione era stata presa da lungo tempo e sarebbe cominciata una nuova e rischiosa avventura:attraversare l'Africa via terra da Sud a Nord, da Cittá del Capo ad Alessandria. Visto sudanese permettendo.