Food street a Lahore, gioie e dolori
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A Lahore ci abbuffammo come non mai. Sfortunatamente con conseguenze poco piacevoli…
Arrivammo a Lahore la notte del 31 dicembre 2009. Avremmo passato capodanno in Pakistan e sapevamo che nei Paesi mussulmani non si festeggia con il veglione di San Silvestro, festa prettamente commerciale di stampo occidentale e esportata nei Paesi che ci copiano ma che non si mescola molto bene con l’Islam e il calendario arabo. Speravamo che a Lahore, seconda città del Pakistan e centro educativo e culturale, ci fosse almeno una comunità internazionale che festeggiasse. Invece ci ritrovammo in giro per la Food Street piena di gente che mangiava, ma che non festeggiava. Avremmo dovuto passare un capodanno senza brindisi e festeggiamenti. Peccato.
Appena fuori la stazione dei treni fummo raccolti da un autista di taxi col suo amico. Fu un strano modo di mercanteggiare il loro.
“Hello Mister, how are you?” questo rimaneva invariato anche in Pakistan. “Duecento rupie e vi porto in albergo.” Disse il primo mentre noi camminavamo. Franta stava per rispondere.
“Ok, centocinquanta.” Aggiunse il secondo senza lasciarci parlare.
“Cento e andiamo.” Replicò il primo al secondo. Tutto il discorso avvenne senza nemmeno lasciarci parlare. Probabilmente avremmo accettato anche i duecento essendo impreparati come al solito senza nemmeno un nome d’albergo o un’idea di cosa c’è a Lahore.
“Va bene, ci portate ad un albergo vicino al centro.” Dissi infine guardando Franta ridendo.
Ci rendemmo conto che la definizione “centro” è piuttosto vaga. Esisteva un centro? Magari ce n’erano due o tre di “centri”. Davamo per scontato che centro volesse dire pure vicino ai luoghi da visitare che non conoscevamo affatto. Infatti i nostri autisti ci portarono prima in posti vicino a un centro che era la stazione dei treni, poi un centro vicino ai musei e infine ad un centro vicino alla Food Street. Visitammo cinque alberghi perché man mano aggiungevamo delle richieste, tipo internet, il riscaldamento e il prezzo. In realtà non è una cosa consigliabile da fare, in quanto i tassisti ti caricano il costo per ogni albergo visitato moltiplicando il prezzo pattuito. Alla fine trovammo un albergo visto che mancava poco a mezzanotte e non volevamo passarla in taxi. Volevano cento rupie per albergo visitato. No. Cento rupie era il prezzo pattuito non una rupie di più. Vollero cento rupie per fare le fotocopie del passaporto. A questa affermazione scoppiamo a ridere e tirammo fuori le cento rupie pattuite solamente. Risero anche loro avendo capito di non aver di fronte i soliti turisti da fregare facilmente. Ci avevano sicuramente fregato sul prezzo del tragitto, ma cento rupie, cioè due dollari e mezzo, ce le potevamo permettere. Nemmeno il costo dell’albergo era stato caricato dalla solita commissione che si intascano i tassisti. Casualmente trovammo uno di loro alla stazione dei treni qualche giorno dopo e ci disse che l’albergo gli aveva dato solo cento rupie perché non eravamo buoni clienti in quanto avevamo contrattato lungamente pure sulla stanza. Ridemmo della serata insieme.
Dopo aver trovato una stanza senza riscaldamento come tutti gli alberghi che visitammo a Lahore anche nei giorni seguenti, andammo alla Food Street a mangiare qualcosa. Food Street, come dice il nome è un’orgia di ristoranti con cucina pakistana solitamente con tavolini sul terrazzo davanti al ristorante e con la cucina praticamente all’aperto dove la carne, il pesce viene esposto al pubblico e cucinato al momento in enormi pentoloni o sulla griglia all’aperto. Tutto molto pittoresco, però vedere la carne e il pesce sugli espositori per tutto il giorno a prender aria penso contravvenga ai nostri standard igienici di ristorazione… Non entreranno mai nell’Unione Europee se non si adattano alle nostre regole.
Il nostro cenone fu a base di pesce, una specie di carpa fritta per la gioia di Franta che si ricordò così un po’ di casa sua in Repubblica Ceca. Purtroppo il vino non è in vendita siccome la legge islamica lo proibisce e ci accontentammo di una Pepsi. Dopo cena il dessert fu uno milk shake alla banana. Hmmm, che cenone!
La Food Street di Anarkali ci impressionò positivamente a tal punto che il giorno dopo decidemmo di soggiornare in uno degli alberghi su quella strada che non aveva il riscaldamento, ma che aveva almeno l’acqua calda e un terrazzino rivolto al sole per la maggior parte del tempo. Mangiammo lì tutte le sera e peccando di golosità ci riempiemmo di riso, kebab di pollo e agnello preparati al momento sui fuochi a ridosso della strada pedonabile e chapati e dolci tutti i giorni fino a che la nostra pancia scoppiò e una fatidica sera subimmo il meritato castigo per la nostra ingordigia.
Quella sera rientrammo a mezzanotte per cenare dopo aver passato metà della serata in giro per le stradine del quartiere nella nostra missione di trovare un internet cafè. Mangiammo talmente tanto e probabilmente qualcosa di poco igienico che al nostro intestino non piacque molto. La mattina seguente saremmo dovuti partire per Islamabad. Mi svegliai alle sei sentendo l’agnello ancora pesante nello stomaco. Siccome eravamo stanchi e pigri decidemmo di rinunciare a Islamabad, la capitale moderna senza storia. Fu una scelta saggia perché dopo due ore fui il primo ad andare in bagno, e poi Franta mi seguì. Per i due giorni seguenti praticamente non mangiammo se non del riso in bianco e restammo a letto facendo la spola e i turni in bagni. Il bagno era intasato forse perché utilizzammo la carta igienica. Solitamente da questa parte del mondo si fa in altro modo in bagno e gli scarichi non sono adeguati per gettarci carta dentro. Diventammo esperto nello sturare cessi. Fortunatamente dopo due giorni di febbre io ero a posto. Franta non aveva febbre, ma i suoi problemi durarono anche in India.
Prima della partenza da Praga, Franta, in perfetto stile ceco e un po’ ipocondriaco, cercò di preparare tutto se non di più, in particolare per la nostra farmacia personale. Fece incetta di ogni tipo di farmaco, anche forte, alcuni che non sapevamo nemmeno a cosa servissero ma che erano stati consigliati da un amico medico o che aveva trovato in una discussione nel forum, e continuava a lamentarsi che non ne avevamo abbastanza. Entrò subito in linea diretta con la Repubblica Ceca, chiedendo di tutto all’amico medico e facendo pure intervenire alcuni “curatori” che potevano aiutarci con le loro capacità anche da lontano. Avemmo modo di discutere su quello che io reputavo e reputo assurdità e che lui dice “non si sa mai. A volte funziona.”
Fatto sta che con la nostra squadra privata di dottori online, curatori a distanza, e per me grazie a del buon riposo, a quattro Paralen per il mal di testa e molta voglia di guarire presto, fui presto in piedi e come prima. Franta invece aveva bisogno di più tempo. La prima notte lo trovai disteso per terra.
“Franta, Franta!” Pensai subito al peggio vedendolo disteso supino per terra. Emetteva dei rumori e sentivo che respirava, quindi capii che non era svenuto.
“Franta, cosa succede?”
“Hmmm… mmmm… niente” rispose una voce fievole e affaticata.
“Hai bisogno di qualcosa? Serve aiuto?” Scattai sull’attenti e mi accorsi che stava masticando. Stava mangiando una banana sdraiato.
“Franta, lo sai che stai mangiando una banana sdraiato per terra?”
“Sì.”
“E ti sembra normale?”
“No.”
“…”
“Sono troppo stanco e ho bisogno di mangiare qualcosa, ma non ce la faccio a tornare a letto.”
Dopo l’iniziale spavento vidi la scena nella sua comicità e non potei che mettermi a ridere, nonostante non è che io me la passassi meglio.
“Posso farti una foto?”
“No.”
Dovemmo rimandare in nostri piani e il passaggio in India di alcuni giorni dopo aver recuperato le forze.
- blog di Unprepared Andrea
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