Il vino di Shiraz e le rovine di Persepoli

Purtroppo del vino Shiraz non c’è più traccia nella città che ha dato il nome all’uva. Mi sarebbe piaciuto poter sorseggiare un bicchiere di vino, ma grazie alle regole della repubblica islamica dove mi trovavo non fu possibile. Certo, al mercato nero niente è impossibile, ma non tentammo la ricerca del prezioso vino per evitare di dormire nelle prigioni iraniane chissà per quanto tempo.

Più passava il tempo e più mi accorgevo di tutte le limitazioni alla libertà di scelta che una religione impone e questo mi impauriva. Non ebbi mai delle vere ragioni per preoccuparmi, ma avevo sempre un leggero senso di disagio nello sfondo nella vita di tutti i giorni. Il livello di allerta per non fare cose contrarie alla legge del Paese o per non irritare le persone creava sempre una leggera tensione.

Vedere la rigorosità in alcune persone della preghiera, dei rituali e delle manifestazioni di religiosità come processioni, celebrazioni battendosi forte il petto, pianti nei momenti di preghiera, e il fatto che in televisione ci fosse sempre qualcuno che pregava o che leggeva il corano mi ricordava continuamente una sorta di fanatismo religioso pericoloso presente soprattutto tra alcuni giovani. Non sapevo se la religione è veramente l’oppio del popolo, ma sicuramente condiziona la vita delle persone e le rende più facili da guidare. E la cosa mi inquietava.

Per tutto il nostro soggiorno in Iran avevamo sempre il timore di fare qualcosa fuori luogo e offendere la gente o cosa ben peggiore finire nei guai.
“Potete fotografare i luoghi sacri, ma siate discreti e se non siete sicuri di non creare offesa, chiedete alla guardia.” Ci veniva consigliato e il permesso ci veniva puntualmente concesso con un sorriso invitandoci a inquadrare angoli inaspettati.
“Ovviamente i luoghi definiti strategici quali stazioni dei treni, banche, palazzi governativi e via dicendo non possono essere fotografati.”
“Fammi capire,” commentai a chi mi stava dando preziose istruzioni per la mia sicurezza “siamo nel 2009, quasi 2010 del calendario cristiano, e 1388 del vostro, satelliti ci inquadrano ogni secondo e su google earth c’è pure la foto di un mio amico che fuma la sigaretta fuori casa sua, per non parlare della portata dell’equipaggiamento per spiare o fotografare di nascosto. E il governo iraniano non teme per la sicurezza se io scatto delle foto con la mia Lumix? Forse non è ha conoscenza di tutto questo?”
“Mi spiace, niente foto in questi luoghi.” Fu l’illuminante risposta.
Non parlammo nemmeno con le donne se non quando loro iniziavano la conversazione per non creare imbarazzo a loro e alle persone che le stava attorno.

Shiraz non mi impressionò affatto. La cosa più interessante fu un ragazzo col quale cominciammo a parlare stesi su un prato di fronte al castello al centro della città. Era un giovane studente di lingue che parlava un ottimo inglese e che lavorava come traduttore di opere in una scuola coranica traducendo dal farsi all’arabo e viceversa. Si offrì di mostrarci la scuola e poi di accompagnarci a vedere il mausoleo. Ci fece salire sul tetto della scuola che in quel momento era deserta e tranquilla. Dall’alto si vede la corte interna con al centro un frutteto di arance acerbe. Mi sembrò di essere sul tetto di un monastero, c’era la stessa atmosfera di quiete e di meditazione. Tra le case della città ci indicò pure una sinagoga e una chiesa armena volendo mostrarci la tolleranza dell’Islam. Aggiunse pure che le chiese non avevano il permesso di avere le croci sui loro tetti dimostrandoci tutta la finta tolleranza, bella a parole e così lontana nei fatti.

Con la scusa di portare un corano al mausoleo ci accompagnò. Ci disse che un suo conoscente era andato in Italia illegalmente, ma dopo aver pagato una cifra enorme e aver speso ancora di più costretto a vivere in condizioni pessime era tornato, saggiamente aggiunsi io, a casa e non voleva più metter piede in Italia. Il sogno del ragazzo era invece quello di andare in Germania. Sin da piccolo gli piaceva la Germania. Pensai che era un desiderio stranissimo e non capii mai cosa potesse trovare affascinante tra i tedeschi.

Al mausoleo cercò di convincerci ad entrare pagando l’entrata. Ci rifiutammo avendo già visto il mausoleo di Hafez con il salone pieno di specchi non eravamo in vena di abbuffarci di riflessi. Lo salutammo e tornammo all’albergo attraverso il bazar. Vicino all’albergo lo incrociammo che accompagnava due turisti asiatici tendo il capo chino nascosto sotto la visiera del berretto per non farsi vedere da noi. Capimmo allora che era una specie di guida che cercava di tirar su qualche soldo e che era capitato mal con noi.

Il giorno dopo andammo a Persepoli. Il tour ci portò a visitare anche le tombe di Dario e Ciro il Grande. Le tombe furono scavate sulla roccia ad altezze irraggiungibili e all’interno sono spoglie. Furono state ritrovate su una collina solitaria dall’aspetto deserto. Il luogo isolato e la semplicità delle costruzioni mi piacquero di più della più conosciuta Persepoli.

Non far ubriacare un imperatore, ti potrebbe bruciare la capitale. Stando a teorie alcoliste, Persepoli fu bruciata da Alessandro Magno dopo una festa nei palazzi conquistati. Ovviamente non ci sono conferme se non il rammarico di Alessandro per aver dato fuoco a una meraviglia. Rimasero solo pietre e qualche colonna a segnare come poteva essere la città. Salendo verso una delle due tombe dei re persiani sepolti lì, si intuiva la maestosità e l’imponenza di quella struttura. Preferii tornare a Shiraz pensando a Persepoli come l’avevo immaginata nei libri di scuola, ricca e splendente da impressionare con la sua bellezza tutti gli ambasciatori inviati dalle potenze straniere e i rappresentati delle popolazioni soggiogate che venivano ascoltati in udienza dall’imperatore persiano.

Ci giunse notizia che a Qom, città meta di pellegrinaggio per gli sciiti iraniani, stavano svolgendo i funerali di un imam che era uno degli oppositori dell’attuale corrente religiosa al potere. C’erano state delle proteste, ma nulla di grave. Non tutti la pensavano allo stesso modo in Iran.

Avemmo ancora tempo di parlare con uno studente che stava completando i suoi studi in Europa e che ripeteva quello che avevamo già sentito più volte a Esfahan a proposito dell’attuale governo. La sua intenzione era quella di rimanere fuori dall’Iran anche se lo rattristava. Ci disse che lui l’alcol lo beveva con gli amici anche se in auto di nascosto dalle autorità. Provai tristezza nel vedere un Paese come l’Iran, ricco di tutto, risorse, storia e cultura, con la gente comune dal cuore buono e aperto che costringeva i giovani ad andare lontano.

Un po’ delusi di Shiraz, ma con il bucato fatto e le batterie ricaricate prendemmo l’autobus per Yazd, una città antica in mezzo al deserto costruita con case di fango che ancora resistono al tempo.