12.01 Arrivo a Windhoek e preparativi per il safari
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A nord di Città del Capo il paesaggio fu un susseguirsi di campi coltivati ed estese proprietà terriere di bianchi, i vecchi boeri. Ogni tanto incontrammo un cartello che indicava la via per un agriturismo. I villaggi erano sperduti e vicini ai campi, ma non troppo. Ogni giorno i contadini neri andavano alle fattorie e tornavano a casa stanchi alla sera. Lungo la strada che portava oltre le montagne ci accompagnavano infiniti filari di aranci. Un gruppo di babbuini attraversò la strada e tutti si voltarono a guardarci forse chiedendosi perché gli uomini si chiudono dentro a degli strani oggetti che si muovono veloci, invece di camminare all’aria aperta. Pochi erano i veicoli che incrociammo e raggiungemmo il confine con la Namibia qualche ora dopo il tramonto.
L’autobus era sempre quello dell’Intercape, comodo e spazioso per il viaggio notturno. L’unico problema erano i programmi che passavano sul video, tutti a carattere religioso. Iniziarono i gospel dei cori di varie chiese che mi fecero addormentare placidamente. Mi svegliai quando un giocatore di rugby sudafricano stava dando la sua testimonianza di fede. Poi passarono un paio di predicatori e alla fine i cartoni animati con episodi tratti del vangelo. Pensai che eravamo in buone mani per quel viaggio.
Arrivammo a Windhoek con più di un’ora di anticipo sulla tabella di marcia alle 5 del mattino. Era ancora buio e l’auto dell’ostello che doveva venire a prenderci non sarebbe arrivata se non dopo due ore. Decidemmo di andare con l’autobus al deposito e dormire lì dentro fino al sorgere del sole. L’ostello non sembrava poi così lontano e ci incamminammo lentamente verso il centro città. Windhoek si svegliava e non sapevamo se fosse un bene o un male. Avevamo ancora in testa i pericoli del Sudafrica e giravamo guardinghi e un po’ preoccupati. Bastarono poche decine di metri per farci capire che non dovevamo preoccuparci. Era una bella giornata di sole e le strade erano spaziose e poco trafficate. In giro c’erano solo poche persone che andavano al lavoro per poter permettere alle altre persone di poter andare al lavoro, come ad esempio panettieri, autisti di autobus, benzinai e spazzini. Chiedemmo informazioni sulla direzione e la gente ci aiutò senza problemi e senza chiedere nulla in cambio, come in un Paese civile.
All’ostello c’era una sorpresa per noi. Avevano dato via la nostra stanza. Avevo prenotato via internet e diedero la colpa al loro sistema che non era operativo da due settimane. Ci trovarono subito una sistemazione in un altro ostello poco lontano. Non era un problema per noi anche perché costava meno. Nella nostra camera da quattro persone c’era uno dei ragazzi namibiani che lavorava lì e un uomo d’affari dello Sri Lanka che girava in Africa per affari. Lavorava con pietre semi preziose. “La Namibia è uno dei Paesi più tranquilli e sicuri in Africa.” Ci disse. “Il peggiore è la Nigeria. A Lagos entrarono nell’albergo e poi nella mia stanza puntandomi la pistola alla testa. Per fortuna avevo dei contanti da dargli ed erano pochi così furono contenti e mi lasciarono stare e io non persi molto.”
A Windhoek non c’è nulla di interessante da vedere. Il nostro scopo era quello di trovare un mezzo per andare al parco Etosha per qualche giorno. Confidavamo nel fatto che altri viaggiatori potessero essere nella nostra situazione e che cercassero qualcuno per condividere i costi dell’affitto dell’auto.
Passammo all’ostello che aveva perso la nostra prenotazione perché sembrava un posto pieno di giovani turisti e trovammo un annuncio di due ragazzi canadesi che avevano l’auto e avevano due posti disponibili. Perfetto. Ci incontrammo con Dave e Lisa il giorno dopo e ci organizzammo per partire al più presto per passare quattro notti in uno dei più bei parchi naturali al mondo. Non potevamo essere più fortunati.
Prima di lasciare Windhoek andammo in centro. C’era una lunga via pedonale circondata da negozi e ristoranti. Entrammo in uno che offriva pesce e patatine fritte ad un prezzo speciale. Il manager, un giovane bianco dai capelli biondi e lisci e con gli occhiali tondi, si avvicinò a noi e cominciò a parlare in tedesco. Ci aveva scambiato per turisti tedeschi o gente locale discendenti dei coloni tedeschi. Lui stesso era un tedesco della Namibia. Trovammo l’unico internet cafè della zona, vicino al Pick’n’Pay un supermercato che era il nostro fornitore di piatti pronti o di cibo in scatola in Sudafrica e lo sarebbe diventato anche in Namibia.
La città era meno caotica di quelle sudafricane, non per niente la Namibia è un dei Paesi con la più bassa densità di popolazione, e l’atmosfera che respiravo era decisamente più rilassata e meno tesa. Non avevo nessun timore e non mi sentivo gli occhi puntati addosso anche se nelle zone residenziali le case avevano le recinzioni dove passava la corrente elettrica come in Sudafrica. La gente principalmente si faceva gli affari propri, incurante di noi. Solo rare persone ci salutarono chiedendoci da dove venivamo. Un uomo d’affari ebbe il coraggio di dire che gli italiani erano degli avari attaccati ai soldi. Non ho ben capito da dove gli fosse venuta quest’impressione visto che lui non conosceva italiani e non era mai stato in Italia. Mi sembrò fosse una persone che aprisse la bocca per dargli aria. Ciononostante si dimostrò cordiale e socievole e mi salutò augurandomi un buon soggiorno nel suo Paese.
Alle nove del mattino ci trovammo con Dave e Lisa per andare a prendere l’auto. Saremmo stati in tre a guidarla visto che Dave, anche se ventiquattrenne, non aveva ancora la patente. L’auto era una Toyota bianca a due ruote motrici, cosa che ci avrebbe limitato le strade che avremmo potuto percorrere in quanto alcune erano adatte solo a veicoli a quatto ruote motrici e con il fondo dell’auto molto rialzato dal suolo. La nostra auto, costando poco, non aveva quelle caratteristiche, e tanto per complicare il tutto, aveva il cambio automatico e il volante sulla destra visto che in Namibia guidano dalla parte sbagliata, o giusta se si è un inglese. Sarebbe stato divertente quando sarebbe toccato a Franta e a me prendere in mano il volante. Per fortuna in Namibia gli autisti non sono aggressivi come nelle città italiane o nelle altre città africane.
Ci fermammo al Pick’n’Pay a comperare le provviste per il viaggio. Io e Franta avevamo acquistato pochi giorni prima una tenda per noi due. Avremmo dormito in due dei tre campeggi all’interno del parco. Era l’opzione meno costosa seppur 200 dollari namibiani per dormire in tenda erano un furto. Bisognava prenotare anticipatamente altrimenti si rischiava di essere cacciati fuori dal parco.
Dopo cinque ore di viaggio lungo una strada perfetta in mezzo al nulla dove non c’erano frequenze radio per ascoltare musica, arrivammo alle porte del parco e ci fermammo a dormire in una delle belle e ben attrezzate lodge. La prima cena furono fusilli a al sugo di pomodoro e cipolle. Ottima per un fornello da campeggio.
“Io voglio vedere un ghepardo.” Questo era il sogno di Dave.
“Io invece adoro le giraffe.” Era Lisa a parlare.
“Giraffe sì, ma io non esco fino a che non vedo un leone, magari che azzanni le tue giraffe.” Dissi con un sorriso beffardo. Franta chiuse la conversazione. “Leoni. Non ci sono dubbi su questo.”
Ognuno di noi aveva la sua immagine del mondo animale fino a quel momento rappresentata da National Geographic, Discovery Channel, e nel mio caso da Piero Angela e Quark. Ma era giunta l’ora di vedere con i nostri occhi la pazienza dei predatori, lo scatto delle prede, sentire l’adrenalina intrisa nell’aria e ammirare la calma degli animali che si crogiolano al sole. Eravamo già emozionati da quello che avremmo visto e ci aspettavamo un fortunata caccia grossa. Sapevamo allo stesso tempo che non è facile vedere i predatori. Era la stagione secca e speravamo che gli animali si ammassassero attorno alle poche buche d’acqua esistenti e mantenute. Eravamo pronti, cacciatori armati di sola macchina fotografica ed entusiasmo.
- blog di Unprepared Andrea
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Commenti
in Namibia guidano dalla
in Namibia guidano dalla parte sbagliata, o giusta se si è un inglese.
The right side is the left side...
so strani gli inglesi.
so strani gli inglesi. Sudafrica, Namibia, Zambia, Tanzania, Kenya. Tutti guidano dalla parte sbagliata. Solo in Etiopia, grazie a noi italiani, guidano dalla parte giusta:)