09.02 Il popolo della Transiberiana

Presi il treno che mi avrebbe portato a Mosca ad Irkutsk. Sarei poi proseguito per San Pietroburgo passando dall'Asia all'Europa in quattro giorni e cinque fusi orari. Avevo il biglietto per una cuccietta in terza classe che costava circa il 30% in meno della seconda? La qualitá dei vagoni letto é ottima paragonabile alla classe hard sleeper cinese e non vedevo motivo di pagare un prezzo maggiorato. Salii dopo aver mostrato il biglietto e i miei documenti alla bella adetta al controllo biglietti. Dopo avere osservato le altre controllori eseguire la routine del loro compito in maniera meccanica, mi chiesi se l’avvenenza fosse un criterio per la selezione del personale.

Presi posto e sistemai il mio bagagio in quella che sarebbe stata la mia casa per i prossimi quattro giorni. Tra tutti i viaggiatori ce n'erano alcuni che catturarono la mia attenzioneed ebbi modo di osservarli, volente o nolente, per tutta la durata del nostro viaggio.

C'erano Morso d'argento e lo Smilzo, Babuška, Shevchenko, Alainis Morisette, Cip e Cop, la Strafiga, la Donna Cannone, il Jack di Fiori, Mangiafuoco, la Soldatessa, Mister Kalashnikov e i suoi sgherri, e lo Straniero.

Morso d'argento era un uomo sulla cinquantina, di corporatur robusto e non troppo basso. Aveva i capelli a spazzola e tutti e quattro gli incisivi superiori erano d'argento. Il collo taurino il naso schiacciato mi fecero intuire che da giovane o era stato un pugile o s'era immischiato in unn numero n di zuffe. Sotto il suo aspetto arcigno si nascondeva, come la maggior parte di questi bisonti, un uomo dal cuore tenero. Si scioglieva in lunghe chiaccherate con lo Smilzo dopo aver tranquigiato la bottiglia di vodka a cena. Durante il pomeriggio scattava alla fermata del treno designata agli approvigionamenti a rimpinguare le scorte terminate la sera precedente. Era generoso e offrival'erba cipollina col sale e i ravanelli che aveva raccolto dai campi, purché si bevesse un sorso di vodka insieme a lui. invitava spesso lo Straniero ad unirsi ai suoi brindisi, ma lo StranSiero non capiva nulla di quello che lui diceva non parlando russo. Una sera lo Straniero estrasse dal suo zaino che pareva una casa ambulante una bottiglietta di plastica dal contenuto misterioso e la porse a Morso d'Argento. Fece il gesto di mandarla giú un sorso e pronunció una parola magica sconosciuta in quela carrozza: "Slivovice". Morso d'Argeno bevve, diventó rosso incandescente, cominció a sudare e lacrimare, gli occhi diventarono rossi, una smorfia gli contorse il viso, tossí. Appena ripresosi disse accopagnado la parola con un gesto di ammirazione: "Dobra".

Lo Smilzo era una persona lunga emagrache non stava dentro al lettino e che si lamentava con tutti quando le gambe altruisi allungavano fino in mezzo corridoio. Aveva u braccio tatuato, i capelli cortissimi e a pelle era bruciata dal sole. Avrebbe voluto essere una rappresntazione dell'uomo duro e forte che non deve chiedere mai, ma la sua coporatura esile faceva scaturire un senso di pietá anziché di timore. Non parlava molto e faceva compagnia a Morso d'Argento soprattutto quando si trattava i bere vodka. Allo Straniero non piaceva ls Smilzo e lo guardava come fosse un calzino bianco abbinato ad tre pezzi verde pisello.

A Babuška lo Straniero piaeva tantissimo. Babuška aveva la stessa etá del padre dello Straniero e aveva un figlio della sua stessa etá. Lo Straniero lo capí quando Babuška mostró la foto del figlio, dopo aver passato in rassegna tutte le proprie degli ultii vent'anni, e indicó il cimitero di un piclo villaggio siberiano che si vedeva sfilare dal finestrino. I due non parlavano lo stessa lingua, ma Babuška continuava a dialogare allo straniero in russo. Lui si limitava a sorridere e annuire. A volte usava le poche parole russe che aveva captato qua e lá e che aveva derivato dal ceco, spesso senza successo. Babuška riempiva di cibo lo Straniero e lo trattava come il figlio che ora non aveva piú. Allo Straniero lei sembrava una nonna. Sebbene non potessero parlare una lingua comune c'era delláffetto familiare tra di loro. Quando Babuška scese accompagnata dallo Straniero che le portava le valigie e le consegnó al genero, ci fu una lacrimuccia che le scese sulla guancia.

Shechenko era un ragazzo di sedici anni, sveglio e simpatico, coi capelli biondi a caschetto dritti come capelli d'angelo al dente. Giocava a pallone e ricordava il famoso calciatore ucraino. Ascoltava musica rock e studiava per entrare all'accademia militare. La qualitá principale di Scheva che lo contraddistingueva da tutto il resto del vagon era che parlava inglese. Per questa ragion si guaagnó un posto d'onore accanto allo straniero e traduceva per lui tutto quello che gli era necessario sapere.
Quando non conosceva una parola in inglese schioccava velocemente le dita cosa che, evidentemente, agevolava la ricerca del termine corretto visto che, come un segundo rito magico, la parola mancante affiorava sulle sue labbra. A volte prendeva alla sprovvista lo Straniero con domande a brucia pelo per poi sedersi e riflettere sulla risposta senza continuare la conversazione. Le domande erano ad esempio: "Qual é il tuo film preferito?", o "Hai mai mangiato pesce affumicato?", o "Ti piace il formaggio?", e cosí via.

Alainis Morisette era un studentessa piccola e bionda. Non era molto bella, ma di lei non si poteva dire che fosse brutta. Era procace. Aveva con se' la chitarra che non sapeva suonare, e ascoltava la musica della cantante canadese. Fu la prima ad abbordare lo Straniero in un inglese stentanto, per poi rifugiarsi nei servizi di traduzione di Sheva. La prima notte bevve litri di birra assieme a Cip facendo notevole baccano, cosa che infastidí lo Straniero. Nella sua cuccetta, in alto, lo si sentí dire paroe che nessuno comprese: "Che rompi cazzo!" Fortunatamente per lui Alainis scese dopo un giorno.

Cip e Cop erano un'indivisibie coppia di ragazze che si erano conosciute in treno. Cip aveva 24 anni, Cop 29. Entrambe avevano giá un figlio, Cip di 2 anni, Cop di 7. Lo Straniero trovó la loro maternitá alquanto prematura e vedeva la due ragazze costrette a diventare adulte da giovani, mentre lui, a 34 anni, si sentiva ancora un ragazzino in cerca di avventura. Cip andava in vacanza in Bielorussia lasciando il figlio ai genitori presso il lago Bajkal. Cop si sarebbe fermata a Kazan dove l'aspettavano il figlio e il marito. Non parlavano inglese, ma tentavano lo stesso di comunicare con lo Straniero per farlo sentire a casa. Ridevano sonoramente pur non capendosi. Nel trardo pomeriggio cominciarono ad aprire bottiglie di birra da 2,5 litri mai viste prima. Coinvolgevano lo Straniero che sembrava apprezzare allegramente l'invito e l'alcol. Bevvero tutto il pomeriggio e continuarono pure dopo la misera cena a base di pane e formaggio artificiale. Alle due di notte scesero dal treno per comperare del pesce affumicato, sostenevano che fosse il migliore della Russia. Sheva, nonostante non bevesse in quanto sportivo, faceva da interprete e la birra facilitava il processo di comunicazione. Ogni tanto sprivano tutti e tre a fumare tra gli scompartimenti.

Il sole sembrava non tramontare mai. Era mezzanotte e c'era ancora luce all'orizzonte mentre Venere cominciava a farsi vedere ed ammirrare.

La Soldatessa s'era unita all'allegro gruppetto dopo cena e sebbene non parlasse inglese , sembrava interessata allo straniero. Era una militare in licenza e stava andando a ovest in vacanza. Aveva passato un paio d'anni come gardia carceraria eora si occupava di spostare carriarmati nel posto giusto. Aveva 26 anni, capelli lunghi, lisci e color prugna, e bellissimi occhi verdi. Non era alta come sono tipicamente le russe, ma aveva due lunghe gambe russe che accavalava sensualmente mentre sorrideva allo Straniero. A lui le attenzioni della Soldatessa piacevano e sembró stabilire un particolare contatto che andava oltre la barriera della lingua. Le loro pause per la sigaretta divenirono sempre piú lunghe e una volta, quando tutti gli altri erano andati a dormire, sembró che non tornassero mai. Erano le tre di notte e a luce all'orizzonte non voleva saperne di andare a riposare per ricaricarsi per un altro lungo giorno estivo. Le timide stelle apparivano solo nella parte opposta del cielo. La Soldatessa e lo Straniero persero la cognizione del tempo in quella confusione fatta di fusi orari e alte latitudini estive. Si allontanarono per una pausa molto, molto lunga...

Il personaggio piú temibile nel vagone e probabilmente in tutto il treno era Mister Kalashnikov con i suoi sgherri. Mister Kalashnikov era alto circa un metro e settanta, aveva i bianchi capelli tagliati a spazzola come un militare di leva. Il suo sguardo vitreo ghiacciava qualsiasi cosa dove si posava. Il dito medio della mano destra era tranciato, forse durante uno scontro, forse sotto tortura, forse da un morso di una tigre siberiana affrontata a mani nude, fors mentre apriva una scatoletta di tonno. Era un mistero e un segno particolare che infondeva nell'uomo dal nome del fucile mitragliatore russo, una carica negativa, quasi maligna, e un forte potere di intimidazione. Dopo il primo giorno Mr Kalashnikov cominció a bere e a fumare come una ciminiera sempre piú frequentemente. Nel pomeriggio era quasi ubriaco e passando spesso davanti allo Straniero intuí che non era russo. Gli si avvicinó. Lo Straniero lasció fare essendo una persona aperta, curiosa e un po' naive con una certa propensione ad accogliere la gente con un sorriso. Il mitragliatore russo gli passó il proprio passaporto in un inglese incerto. Lo straniero non riusciva a leggere il cirillico ebbe bisogno di Sheva che traducesse per poi rimanere sorpreso e intimorito da quel nome famoso. Mister Kalahnikov farfuglió qualcosa a proposito di milioni di persone uccise dall'arma che porta il nome della sua famiglia, qualcosa sull'onore della grande madre Russia e ebbe pure modo di inserire qua e lá un accenno all'Italia e a Berlusconi. Disse piú volte che i suoi compagni erano banditi e che non avevano problmi ad ammazzare chi capitasse in mezzo alla loro strada. I due sgherri erano giovani robusti e rasati, con tatuaggi un po' ovunque, incluse le tempie.

Non si capí il motivo per il quale disse queste cose allo Straniero. Lui capí che era ubriaco, ma non sapeva se fosse un personaggio pericoloso e come comportarsi con costui. In ogni caso decise di evitarlo. Sheva e gli altri amici dello Straniero l'avvisarono di non parare piú con Mister Kalashnikov, di non accettare l'invito che sarebbe arrivato di andare a bere con lui, e mai, e poi mai, mostrargli il proprio passaporto. Lo Straniero ubbidí e si fece trovar dormiente ogni volta che Mister Kalashnikov passava. Non era sufficiente: "Excuse me! Hic" e poi era costretto ad ascoltare il borbottio del sempre piú ubriaco personaggio fino a che non veniva allontanato dagli amici di treno dello Straniero. Scese a Novosibirsk con sommo sollievo per tutti.

La Strafiga salí il secondo giorno di viaggio assieme al suo compagno. Era una venere bionda che indossava dei pantaloncini corti fino alle anche e molto aderenti. Aveva enormi occhiali da sole che usava come schermo per non incrociare gli sguardi ipnotizzati che consapevolmente attirava. Come fare a non guardare una calamitá cosí!

La Donna Cannone stava alla Strafiga un bratwurst sta al tiramisu. Aveva i baffi e un'etá indecifrabile con una circonferenza misurata in leghe. Passava tutta la giornata sdraiata e ad ostruire il passaggio.
Il Mercante di fiori passava di tanto in tanto con una borsa piena di merce da vendere illegalmente. All'inizio tentó di vendere fiori, poi passó ai vasi, alle matrioske e infine alle sciarpe.

La persona che impressionó maggiormente lo Straniero era il Buon Mangiafuoco. A metá tragitto salí sul treno una famiglia: mamma, due bambini tra i 3 e 5 anni, un piccolo che passava metá del tempo a piangere, e il padre. Il padre era stato aiutato a sdraiarsi sulla cuccetta e la sua sedia a rotelle era in corridoio. L'uomo era senza gambe. Aveva una folta barba lunga che gli dava l'aspetto di un buon Mangiafuoco. La sua tenerezza nel trattare i bambini e il suo amore paterno nel cullare il piccolo rompicoglioni che piangeva erano senza misura. Lo straniero non aveva visto tanto amore da molto tempo.

Lo Straniero era un tipo riservato e che non riusciva a comuicare non sapendo il russo. Nonostante questo era sempre attorniato da persone che lo trattavano come un ospite di riguardo e lui lasciava fare. Veniva dalla lontana Italia e aveva un nome che in Russia é usato per le ragazze, Andrea. Sembrava gli piacesse viaggiare in treno a contatto con le persone locali, un'unimanitá variegata e vera. Guardava spesso fuori dal finestrino il verde paesaggio siberiano forse pensando ai suoi viaggi, da dove veniva e dove stava andando. Era rapito dai tramonti ancor di piú che dalla Soldatessa. Sembrava che per la testa passassero pensieri profondi di luoghi lontani ed esperienze senza confini. Sembrava fosse felice e che avesse trovato un equilibrio interiore invidiabile. Sembrava felice.

In realtá lo Straniero guardava il vasto e melanconico paesaggio siberiano e pensava: "Albero... albero... albero... fiume... albero... albero... albero..."

Commenti

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divertente

la soldatessa non t'avrà mica fatto una perquisizione ;)

bello. però lo straniero non

bello.
però lo straniero non potrà più entrare in terra padana perché preferisce la slivoviza alla grappa.