11.02 Johannesburg, Italia - Slovacchia, il giorno della vergogna
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Un boato. Gooool!
Correvo su per il tornante che portava all'ultimo anello: Gate 2, settore U, fila... sicuramente in alto tra gli ultimi posti. Mentre ansimavo su per quell'inteminabile spirale che girava sempre a destra mi chiedevo chi avesse segnato anche se in cuor mio gia' temevo il peggio.
Arrivai in cima. Con due salti superai i gradini che portaano agli spalti. Vidi il prato verde. Vidi una marea di gente. Vidi maglie bianche abbracciarsi, mentre maglie azzurre si guardavano perplesse con le mani ai fianchi. Sentii le vuvuzela. Guardai il tabellone luminoso che ripeteva a non finire le immagini del gol. Era il ventesimo del primo tempo e la Slovacchia aveva appena segnato.
La partita era Italia-Slovacchia. La citta' era Johannesburg, Jo'burg come la chiamano in Sudafrica. Lo stadio era l'Ellis Park. La competizione era la Coppa del Mondo di calcio 2010. Il giorno era il 24 giugno, il giorno della vergogna.
Ero in Sudafrica da due giorni con l'obiettivo di godermi i mondiali e visitare il Paese. Il giorno recedente avevo visto la partita Germania-Ghana, ma sfortunatamente non avevo il biglietto per vedere l'Italia che avrebbe giocato a Jo'burg mentre mi trovavo li'.
Il sadico sistema di distribuzione dei biglietti per i mondiali di calcio sembra fatto apposta per rendere impossibile andare allo stadio quando la propria nazionale scende in campo a meno che non ci si cimenti in peripezie estenuanti di negoziazioni virtuali e non. Io semplicemente feci riferimento al collaudato metodo italiano: i bagarini che rivendevano illegalmente i biglietti.
Andai allo stadio senza biglietto fiducioso che a nessuno interessasse una partita come Italia-Slovacchia, l'ultima partita del gruppo F e decisiva per il passaggio agli ottavi di finale. L'Italia era la nazione campione uscente e nessuno si sarebbe aspettato che tornasse a casa in quella fase del torneo. Non solo la nostra eliminazione non era preventivata, ma nemmeno auspicata dagli organizzatori di questo show mondiale.Non ci vuole molto a capire che l'Italia rende piu' soldi della Slovacchia alla macchina da profitto che e' il mondo del pallone.
Ero pronto per la partita vestito da super tifoso con la maglietta azzurra acquistata due mesi prima in Cina per tre euro. Non era molto lontana dal design ufficiale venduta per decine di euro. ero orgoglioso della mia divisa, non perché fosse l'azzurro dell'Italia, ma per il fatto chee l'avessi pagata cosí poco. Sono contrario alle contraffazioni, ma sono ancora piú contrario ai prezzi assurdi imposti dalle grandi marche sportive. Non capisco perché pagare 40-50 o piu euro per una maglia che non viene poi usata per le qualitá come prodotto.
Andando contro ai miei valori e al mio portafoglio ero disposto ad alimentare la borsa giá piena degli organizzatori e sborsare il prezzo regolare di 80 dollari per il biglietto piú economico. Ottenere un biglietto venduto regolarmente non era possibile e allora mi diressi versol'entrata dello stadio attendendo di essere fermato da qualcuno. I rivenditori erano per la maggior parte di origine indiana e i loro prezzi erano irragionevoli. Un paio di argentini pure loro senza il biglietto cercarono di aiutarmi senza successo. La polizia arrestó un ragazzo africano che rivendeva biglietti. Capii che sarebbe stato difficile procurarmi il pass partout per la partita in quella zona. Mi driessi verso l'entrata dal laro opposto a dove mi trovavo. Venni fermato da africani che cercavano di vendere il loro biglietto a prezzo speciale per i residenti e conseguentemnte farci la cresta, ma che non mi avrebbe mai permesso di entrare. Un paio i volte incrociai dei passanti e sentivo dirmi 'Do you want a ticket?', Vuoi un biglietto? Appena mi voltavo la persona era giá metri lontano da me.
Dopo aver perso la speranza e aver cominciato a vagare per le viuzze attorno allo stadio alla ricerca di un bar per guardare la partita in tv e attirando non pochi sguardi che non mi piacevano fui fermato da due distinti signori africani in giacca e cravatta. Acquistai il biglietto per circa sessanta dollari, venti in meno de prezzo ufficiale, ma sempre tanti per una partita di pallone! Dissero che due loro amici non potevano venire...
I biglietti al mondiale sono nominativi. Lessi il mio nuovo nome per entrare allo stadio temendo che un nome africano non mi si addiceva molto e che se pr caso vessero controllato non l'avrei fatta franca.
Il mio nome africano era: Ettore Raia... forse in quello stesso istante un altro italiano stava bestemmiando sui suoi bigletti spariti.
Non avevo tempo da perdere. La partita era giá iniziata. Resistetti alle salsicce alla griglia che sfilavano sotto il mio naso come tentanti sirene mentre volavo verso l'entrata.'Aspettatemi, tra novanta minuti sono da voi'.
Un addetto mi accompgnó al gate 2. Camminando come podisti in fuga circumnavigammo lo stadio e in quei tre minuti facemmo conversazione. Capí che non aveva molto tempo il ragazzo venne subito al dunque:
'Non ho lavoro, non mi pagano per i mondiali. Prendetemi con voi per il vostro viaggio in giro per il Sudafrica. No? Allora aiutami a venire in Italia. Ok, la Repubblica Ceca va bene lo stesso.' Il mio pensierosi fermó mentre le gambe correvano. Non potevo fare nulla per quel ragazzo che sembrava simpatico e intelligente. L'ocuppazione é un grosso problema in Sudafrica. Giá un vecchietto si lamentó con me al parco e disse una cosa che ancora non capisco. Disse: 'Durante l'Apartheid non ho mai avuto fame, ora non ho da mangiare.' Ancora oggi non riesco a dare un senso esatto a queste parole.
Allo stesso tempo vedevo molte persone in giro con chiari problemi di sovrappeso come negli Stati Uniti. Per certi versi parte della Jo'burg mi ricrodava l'America con i suoi mega centri commerciali e da costo della vita equivalente a quello dell'Europa Occidentale. Sapevo che la povertá era altrove e ben lontana dal Mondiale. Capivo che c'era pure uno squilibrio enorme tra ricchi e poveri, afrikaans, neri africani o indiani che fossero.
Una vuvuzela nelle orecchie mi riportó alla 'realtá', o meglio mi allontanó dalla vita che mi circondava e mi rituffó nello spettacolo circense al quale stavo partecipando. 'La religione é l'oppio delle nazioni' disse qualcuno. Mi sembra che il calcio non ci fosse a quell'epoca. Chissá poi perché non incluse i giochi circensi e lo sport mediatico nella sua critica.
Presi posto tra una marea di bandiere tricolori. Cinquantatremila persone e un bel pomeriggio di sole. I pochi slovacchi nello stadio eran per lo piú ammassati dietro la bandierina del calcio dángolo opposto a dove mi trovavo. Qualche tedesco aancora danzava per il gol fatto contro l'Ítalia mentre mi sedevo e la palla tornava a centro campo.
I tifosi ai mondiali di calcio sono una razza a parte. Se escludevo i pochi tedeschi ai quali ancora brucia la sconfitta in semifinale di quattro anni prima a casa loro, la gente andava allo stadio per divertirsi a prescindere dalla nazionale che giocava. Complice la distribuzione a cazzo dei biglietti c'erano tedeschi a vedere la partita dell'Italia che non erano riusciti a vedere la loro nazionale a Jo'burg il giorno prima e viceversa.
Le nazionalitá dei tifosi si mescolano in un'atmosfera di allegria e amicizia che é, purtroppo, impossibile sentire in uno stadio durante una partita tra squadre di club. Allo stadio c'erano bandiere da ogni parte del mondo, pure di alcuni Paesi esclusi dal mondiale. La carica positiva si sente ed é coinvolgente, almeno fino a che ci si rende conto che la propria squadra é praticamente fuori dalla competizione. I sudafricani poi fanno festa in ogni caso.
La maggior parte dei locali e dei non europei supportava due o tre squadre oltre alla propria in modo da non mancare mai alla festa. Le squadre erano scelte in base alla simpatia, alle celebritá in campo, ai giocatori migliori o, nel caso di alcune ragazze, ai giocatori piú affascinanti.
L'autobus per lo stadio era colorato nel seguente modo: un quarto era azzurro con solo due italiani veri, io e un impegato di Roma e il resto erano sudafricani con magliette, bandiere, sciarpette e facce colorate d'azzurro; zero slovacchi; e i rimanenti tre quarti era un pout pourrí di nazionali.
Allo stadio attorno a me c'erano due sudafricani che mi sostennero emotivamente per tutta la partita entusiasmandosi per ogni passaggio e quindi dimostrandosi di non capire nulla di calcio. Poi c'erano John e Mark i cui nonni erano italiani, ma che non parlavano la lingua. Piú in lá due belle ragazze in azzurro con il tricolore sulle guance con i loro accompagnatori addobbati a puntino.Tifavano l'Italia perché... 'Why not?' Perché no? In effetti...
Di italiani veri e propri ne riconobbi solo alla fine del primotempo quando le bestemmie e imprecazioni sfilavano come litanie accanto ai nomi dei nostri giocatori. C'erano africani chiassosi con le bandiere del Sudafrica che si annoiavano mortalmente della pochezza del gioco. Quattro file piú sotto c'erano gli unici slovacchi del mio settore. Una coppia di anziani trasferitasi in Sudafrica trent'anni prima.
Le vuvuzela erano un tormento, un continuo suono fastidioso. All'inizio erano divertenti, una novitá, poi diventarono veramente insopportabili. I livellodei decibel non era molto elevato dove mi trovavo e non dovetti utilizzare i tappi per le orecchie. Mi infastidiva l'impossibiltá di sentire gli uori dei tifosi, la loro partecipazione emotiva che é poi una delle ragioni per la quale val la pena andare allo stadio. L'altra sono i panini con le salsicce.
Una bella azione? Vuvuzela.
Un tiro fuori di poco? Vuvuzela.
Un passaggio sbagliato? Vuvuzela.
Un fischio dell'arbitro? Vuvuzela.
Un contrasto da dietro? Vuvuzela...
Mancavano i sussulti, le palpitazioni, gli appluasi, i cori, i fischi e i 'buuuuu'. Mancavano pure i silenzi. Era un monotono strombettamento superato solo dai boati dei gol. E lo furono per ben cinque volte.
La noia era uguale alla mia sofferenza. Fu solo il concitato finale a rendere quell partita memorabil. La partita finí 2-3 per loro e resterá nei cuori di tutte e due le nazionali. Per gli slovacchi rimmarrá l'impresa storica di Davide contro Golia e del passaggio del turno. Per noi italiani sará l'onta torica della ancata qualificazione e di finire ultimi nel giorne alle spalle della Nuova Zelanda. Nuova Zelanda!
A poco servirono i venti minuti di pressione e il calcio d'alto livello espresso nel finale, il gol annulato e unáltro mancato di un nulla. Rimane solo il rammarico per la qualificazionemancata per un pelo e forse non meritata.
Mi tolsi la maglietta azzurra per la delusione di una partita giocata in moo vergognoso. Ma il calcio é solo u gioco! Cosa stavo facendo? Lasciai andare subito a delusione e m gustai la sconfitta applaudendo i giocatori slovacchi che si lanciavano scivolando sopra il prato verde nei quattro punti cardinali dello stadio. Strinsi la mano agli slovacchi che incontrai uscendo dallo stadio e che cantavano e ballavano agitando sciarpe e sventolando bandiere.
C'erano pure dei tedeschi che festeggiavano con gli slovacchi. Loro non celbravano la vittoria della Slovacchia. m a sconfitta dellÍtalia. Mi avvicinai gli battei le spalle, mostrai il pollice all'insú sorrisi e li mandaii a cagare in italiano. Risposero 'thank you', grazie. In fin dei conti erano tedeschi.
Mi rimaneva ancora una cosa da fare prima di rientrare. Dovevo mantenere fede alla promessa fatta novanta minuti prima. 'Eccomi a voi, pane e salsiccia alla griglia'.
- blog di Unprepared Andrea
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Commenti
... al di là dell'obiettiva e
... al di là dell'obiettiva e nota sfiga che oramai portano i gobbi (in Italia, infatti, la scaramanzia negli ultimi anni si è invertita ... pare porti sfiga toccare la gobba del gobbo), bisogna anche ammettere che quest'anno al mondiale abbiamo portato la rappresentativa dell'Udinese ... buona squadra, certo, ma nessuno chiede all'Udinese di vincere la cepsons, come la chiamerebbe Bisteccone Galeazzi.
Devi inoltre sapere, a ulteriore titolo di sfiga, che quest'anno le notti mondiali italiane sono animate sulla Rai da personaggi del calibro di Maurizio Costanzo e, appunto, Bistecca Galeazzi...
Dove volevamo andare, con queste premesse?
Che dire? Posso solo concludere di essere felice per te per via di quel panino con la salamella...
Alla fine, vale il solito detto "panem (cum salsicciam) et circenses"...
E sì: la rai pensava di
E sì: la rai pensava di battere sky con due pesi massimi (visto il peso).
E neanche una squitinzia (come direbbe roberto).
Meno male che sono tornato in Belgio (o quello che ne resta) così posso vedermi tutte le partite,
Pensa te: il Belgio non manda la nazionale al mondiale dal 1986 eppure si vede tutto gratis. Per andarci sperano di poter organizzare il mondiale del 2018 :)