I cristiani di Lahore
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Non capita spesso di cenare seduto per terra in una stanza al primo piano dove si officiano funzioni cristiane nel cuore della città vecchia di Lahore in una repubblica islamica come il Pakistan.
Incontrammo i cristiani di Lahore durante la nostra visita alla moschea. Quale posto migliore per incontrare i pochi non mussulmani in Pakistan, no? Inizialmente Mister Peter, come lo chiamavano i suoi amici, ci avvicinò offrendo il suo aiuto come guida.
Ovviamente noi rifiutammo, ma come spesso mi capita, lo feci con un sorriso continuando a parlare del più e del meno, forse più per istinto che per educazione. Non so bene come, ma il Natale entrò nel discorso e ricevetti gli auguri di Buon Natale dopo aver assicurato che sono cristiano. Danno per scontato che essendo bianco, devi per forza essere cristiano e diventa difficile spiegarli che non tutti gli europei sono cristiani, ne’ si fingono cristiani e che in Repubblica Ceca forse ci sono meno cristiani che in Iran o Pakistan.
Dopo gli auguri Mister Peter si presentò e con le mie sviluppate doti di deduzione dissi illuminato da una rivelazione “Peter non è un nome mussulmano! Non è che mica sarai cristiano?” “Certo”. Diventai curioso. Come vivono i cristiani in Pakistan? Quanti sono? Sono liberi di professare la loro fede? Si sentono Pakistani prima che cristiani e seguono le tradizioni tipicamente islamiche? Queste domande rimbalzavano sulle sponde del tavolo da biliardo dentro la mia mente, ma non saltarono fuori subito. Arrivavo a Lahore dopo la lezione coranica in treno da Quetta e fui sorpreso da trovare dei non mussulmani in Pakistan.
Mister Peter ci invitò a cena per mostrare ospitalità a dei fratelli nella fede. Lì per lì pensavo che stavamo passando da un ortodosso ad un altro, ma così non fu. Mister Peter si rivelò una persona intelligente, aperta e colta, fu un piacere accettare l’invito e continuare la conversazione a cena.
Quella stessa mattina, o meglio a mezzogiorno visto che per noi il giorno cominciava di solito a quell’ora lì, ci dirigemmo alla moschea attraversando la città vecchia.
Oltrepassammo il quartiere Anarkali che già pulsava di vita e di confusione oltre che ad un sovrabbondanza di risciò e motociclette Honda che facevano da contorno e da strombettante colonna sonora. La gente era occupata a fare compere nei negozi che mostravano sulla strada tutta la loro mercanzia. Solo alcuni pakistani indossavano dei vestiti vecchio stile, con pantaloni larghi e dal cavallo basso, con una maglia dalla maniche lunghe e larghe senza colletto. Di solito avevano una lunga sciarpa che di sera viene usata per coprirsi il capo e il volto e di notte come coperta, soprattutto se si dorme in treno. Tutti avevano i sandali, anche la maggioranza che vestiva all’occidentale con pantaloni e magliette che mostravano tutte le marche più note. Ho i pakistani sono pieni di soldi o quelli sono marchi falsi. La seconda che scrivo.
La città vecchia è racchiusa da delle mura che a volte si intravedono tra le case costruite quasi l’una sull’altra. Ci perdemmo come al solito nel labirinto di calli senza campielli con case che si toccano e dove sembrava impossibile aprire una finestra senza sbattere sul muro della casa di fronte. Fili volanti portavano l’elettricità nelle case e occasionalmente friggevano dei passerotti e piccioni, mentre larghi canali si scolo lungo le calli sembravano ruscelli tanto velocemente scorreva l’acqua che passava dal grigio sporco al nero, al blu, al verde a seconda del livello di sporcizia che veniva scaricata da case e negozi. Il livello terreno della città vecchia è un susseguirsi di negozi e fast food. Alcuni riccamente allestiti da colpire come una luce abbagliante tra l’opacità degli edifici. Tutto è vita che diventa ancora più frenetica al tramontar del sole. Tutti sembrano andare di fretta da qualche parte, ma non si sa bene dove. Devono andare velocemente, per poi perder tempo ad aspettare.
Era piacevole passeggiare tra le calli e scambiare quattro chiacchiere in un rudimentale inglese con la gente del posto che da mesi non vedeva un turista passare. Questo è quello che succede in Pakistan. A causa della guerra in Afganistan e gli episodi di terrorismo in Pakistan (Guerra al terrore? Guerra ai Talebani? Guerra ai trafficanti? Guerra per il petrolio? Guerra fomentata dall’India? Dall’Occidente per il controllo delle risorse? Dal Pakistan stesso?) da un anno oramai i turisti non vengono più da queste parti. Penso che di qui passano solo i pochi viaggiatori che vogliono fare una traversata via terra fino all’India o al Sud Est Asiatico. Almeno questo fu quello che ci disse Mister Peter e confermato dal fatto che non vedemmo nessun turista in Pakistan durante il nostro soggiorno.
Prima di passare attraverso la città vecchia un paio di volte perché volevamo comperare dei dolci da portare al padrone di casa, incontrammo un altro amico di Peter, Mister Taylor in jeans, felpa col cappuccio, scarpe da ginnastica bianche e berretto col frontino:
“Hello! E’ bella questa moschea, vero? Fate una foto da questa parte. Parlate inglese? Io faccio il commentatore di cricket. Adoro fare il commentatore. So tutto del cricket. Ogni giorno seguo lo sport. Anche il calcio. Il calcio inglese. Posso fare il commentatore perché parlo molto bene l’inglese. Ogni giorno imparo parole nuove, perché io sono molto bravo a imparare cose nuove. Ho una grande capacità a parlare chiaramente. Posso fare pure qualsiasi accento. Vi dispiace se parlo con voi?”
“Hello…”
“Vorrei migliorare il mio inglese e l’unica opportunità è parlare con turisti. Con gente intelligente come voi. Mi piace il vostro stile. Come parlate. Sì, siete persone eccezionali. Certo, forse non capite tutto di quello che dico, perché io uso anche slang e molte parole che voi non conoscete. Io parlo molto bene e molto velocemente. E’ importante quando fai il commentatore parlare per riempire il vuoto. Bisogna aver tempo. Ma ditemi, voi che avete una visione così ampia del mondo sportivo e che sapete benissimo quali sono le qualità per diventare commentatore, secondo voi sono preparato?”
“Beh, penso che…”
“Certo, io posso farlo, perché sono molto bravo. E non ho problemi a parlare. Ho tutte le qualità necessarie. Parlo benissimo. Oh gosh, mi piace il vostro stile. Si capisce che siete persone intelligenti. Il cricket è vita e speranza per i ragazzini di oggi. E io ho le capacità e le qualità per sfondare. Mi piace il vostro stile, amici. Forse parlo troppo veloce? E’ una qualità necessaria per fare il commentatore”
Ci portò a vedere dei ragazzi che facevano lotta e dopo un’ora Mister Taylor vinse per 1 milione di “run” (nel cricket i punti si contano in “run”) a una, dove i “run” erano le quantità di parole emesse per minuto. Nonostante fosse un monologo che riuscivo saltuariamente a interrompere con delle esclamazioni o frase che non contenessero più di dieci parole, era piacevole ascoltarlo. Mi diede l’impressione di una persona vera, onesta, sincera e dal buon cuore. Mister Taylor studiava inglese con Mister Peter. Era mussulmano e anche se un po’ logorroico e stancante, piaceva a Peter per le stesse qualità positive che provammo noi. Uno strano personaggio che avremmo voluto volentieri ascoltare la sera mentre continuavamo la nostra educazione sul cricket che ci appassionava giorno dopo giorno e che fu la nostra salvezza durante i giorni di dolore chiusi in camera con febbre e mal di intestino.
Con Peter ci demmo appuntamento alla moschea e arrivammo in ritardo. Insieme a Mister Peter, c’erano pure Mister Kelvin e Mister Hassan. L’ultimo mussulmano. Andammo a casa di Peter in motocicletta. Franta e Hassan su una e io, Kelvin e Peter sull’altra. Kelvin era vestito con un paio di pantaloni alla moda bianchi, una camicia nera con le maniche raccolte sui gomiti, capello lungo e liscio ben curato con la riga perfetta, orecchino non troppo vistoso e gli occhi verdi. Con la pelle scura, ma non troppo, poteva passare per una abbronzatura esotica o da lampade. Sarebbe stato un buon esemplare di cacciatore estivo lungo costa dell’alto adriatico.
Sfrecciammo tra le calli oramai buie, ma piene di gente, saltammo sulle buche sulla pavimentazione simile ad Emmental svizzero o curvando quasi toccando con il ginocchio per terra come Valentino Rossi. Evitammo per miracolo un frontale con un paio di risciò e arrivammo a casa di Peter pregando tutti le divinità di questa terra e aggrappandoci disperatamente alla motocicletta.
Ci sedemmo per terra. Fu stesa una tovaglia e ci fu dato un piatto. Senza posate prendemmo pesce, riso, verdura, chapati da un piatto comune e mangiammo parlando del nostro viaggio, di Lahore e ovviamente soddisfacendo parte della nostra curiosità.
“In città non è un problema essere cristiani. Nei paesi di campagna invece può rappresentare una difficoltà per il normale svolgimento della vita quotidiana. C’è meno educazione e rispetto per tradizioni altrui. Nelle grandi città come Lahore, invece, spesso la gente pensa ai propri problemi.” Iniziò Peter su un mio assist. “Certo, non siamo liberi di dire totalmente come la pensiamo. Fino a che stiamo per conto nostro, va tutto bene, ma quando vorremmo intervenire su alcune situazioni o semplicemente esprimere il nostro pensiero religioso in pubblico in dissonanza con il mono pensiero islamico, allora entriamo in un mare di problemi. Tutto questo è frustrante, ma stiamo uniti tra di noi e ci supportiamo a vicenda.”
“Quindi c’è tolleranza basta che non vi intromettiate negli affari comuni… ci sono altre forme di discriminazione?”
“Non molte per fortuna, ma in talune situazione può essere molto doloroso e ti fa rimpiangere di essere pakistano. Ascolta bene cose mi è accaduto in prima persona, poi tira tu le conclusioni.
Mia madre soffriva di cancro e purtroppo le medicine sono costose” pensai a mia madre e alla situazione in Italia dove se ti ammali gravemente, oltre a soffrire devi pagare… Peter continuò.
“Ho fatto di tutto per comprare tutto quello che serviva alle cure. Ho preso a prestito soldi da amici. Non avevo più nulla. Ero disperato. Allora un amico mi disse che c’era un fondo d’assistenza. Mi precipitai a raccogliere informazioni. Andai per uffici e mi dissero che era possibile, era sufficiente fare richiesta. Così feci. Compilai i moduli e portati tutti i documenti. Ero fiducioso e la speranza mi riempiva il cuore. Quando consegnai i documenti mi chiesero: “Ma Lei è cristiano e mussulmano?” “Che differenza fa?” chiesi a mi volta perplesso. La valanga mi sommerse subito dopo. “Questo fondo è riservato solo per i mussulmani. I non mussulmani non possono accedervi”. Capite?”
… silenzio…
Non poté continuare le cure. Sua madre morì. Forse le cure non l’avrebbero salvata, ma la stupidità umana non gli diede la possibilità di sperare.
Il tono della conversazione fu rallegrato da un buon dessert a base di riso e da del chaj. Per poi continuare sul tema Pakistan-India. I vicini che si odiano, ai quali i visti non vengono concessi, che sono in guerra per delle montagne, che hanno armi nucleari, che si accusano a vicenda di mandare terroristi da una parte all’altra e di destabilizzare le regioni a rischio che chiedono indipendenza e che allo stesso tempo celebrano insieme la chiusura dell’unico confine stringendosi le mani tra capitani di confine.
La questione Indo-Pakistana è complessa e come al solito, la gente comune non conosce le cause vere e proprie, non sa cosa prova veramente la gente dall’altra parte del confine. Pensano di essere odiati dagl’altri e perciò odiano per primi. La gente comune è brava gente, che ha paura. La paura di ciò che non sa e sono costretti a seguire ciò che i governi dicono loro in mancanza di controprove o di investigazioni serie. Come in Iran, la gente cenerebbe ogni giorno con i propri vicini, i governi farebbero guerra ogni giorno con i propri vicini. E’ un paradosso dell’uomo che non riesce a spingere l’amore fin lassù, nella stanza dei bottoni, ma che è pronta ad ascoltare parole di odio, paura e vendetta quasi fosse più facile provare questi ultimi sentimenti invece che amare. Non riesco a capirlo, ma così sembra vada il mondo. Penso che non sia tardi per cambiarlo, ma l’inedia e la rassegnazione sono ancora peggiori dei mali che ci circondano.
Secondo alcune voci in Pakistan che danno la colpa di tutto, dico tutto, all’India, uno dei motivi per i quali la guerra potrebbe scoppiare di nuovo è l’acqua. I pakistani accusano da sempre l’India di bloccare i corsi d’acqua che dall’Himalaya partono dall’India e poi attraversano il Pakistan, come l’Indo.
Chissà cosa pensano gli indiani dei pakistani? Lo avremmo scoperto tra poco. Ancora pochi giorni e poi avremmo attraversato il confine e finalmente India.
La serata fu piacevole e ci dispiacque finisse. Chissà se agli addii ci si fa l’abitudine.
Prima di rientrare cercammo un bancomat. Durante la nostra ricerca un’auto si fermò e l’autista si offrì di portarci fino alla fine delle strada. Perché no? Pensai. Franta si sedette dietro, e io di fianco all’autista. Notai quello che non avevo capito attraverso il finestrino. Il guidatore era un travestito che ad ogni frase ripeteva “Oh my God!” in un modo molto effeminato. Ci portò al bancomat. Mi diede due baci… sulla guancia! E ci invitò ad andare ad un “dance party”.
“No, grazie. Non ci piace ballare.” risposi imbarazzato. L’ultima cosa al mondo che mi sarei aspettato quella sera, oltre che la Juventus tornasse a vincere, era quella di ricevere un invito da un travestito a Lahore! In Pakistan!
Oh my God!
- blog di Unprepared Andrea
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Commenti
Curioso il finale del
Curioso il finale del racconto, soprattutto leggendolo a distanza di qualche tempo...
Quello della giuve non fu che un fuoco di paglia, anzi, lo definirei un fuoco fatuo... più che altro generato dal fatto che il Napoli ha messo volentieri in campo la 3° squadra per fare un favore all'amico Ferrara...
Ma la giuve non può sfuggire al suo destino di serie B...
Più curioso il fatto che il diario dovrebbe essere una rappresentazione fedele e veritiera, filtrata con i tuoi occhi certo, ma veritiera: e quindi alla cazzata che non sei andato al dance trans party non ci crede proprio nessuno... guarda che non è un problema, eh... ti accettiamo lo stesso, e ti capiamo... siamo tolleranti nei confronti del povero single che non tromba da mesi...
Detto questo, forse sarà una costante quella che troverai in termini di discrasia tra popolo e il governo del popolo...
E a proposito di "sharks" dell'alto adriatico... ma perchè Giuliano continua sempre a stuzzicarti?
Non ne capisco le ragioni: in fondo oramai voi siete in serie B e loro in semifinale di cempsons...
Ah! Non ti posso nascondere
Ah! Non ti posso nascondere nulla! Certo, il Dance Party e' stato una figata!... La solitudine e' pesante da far passare. Grazie per accettarmi cosi' come sono.
Hai capito perche' sono scappato dall'Europa? eravamo fuori da tutto, e ora non cambia nulla, nulla nella Juve. Anche cambiando i fattori, il risultato e' sempre lo stesso... Cmq, diciamolo, una squadra che si comporta come ha fatto l'hanno scorso giocando di merda per far mandar via l'allenatore non e' una compagine che ha i giusti motivi per giocare a calcio. Non sono professionisti seri, e li abbiamo tenuti tutti. Poi abbiamo aggiunto i brasiliani. Mah... si sa che i brasiliani c'hanno la "saudade"! e poi quella caricatura di persona che un giorno vuole giocare con l'italia e quello dopo col brasile... ma che e'? si cambia nazionalita' al girare del vento? non c'e' serieta', e i risultati si vedono. Nemmeno i favori del Napoli ci aiutano!
La dura verita' dello Juventino l'ho capita solo ora: senza mazzetta, non si vince una seghetta! Perche' spero che non stiamo comprando le partite ore!
Giuliano? lascia stare, si deve godere il momento da interista. Erano decenni che soffrivano.
spiegami: tieni un diario
spiegami: tieni un diario cartaceo e poi lo ricopi o tieni tutto in testa e scrivi dopo aver ruminato qualche giorno?
:)
Cartaceo? doveri andare in
Cartaceo? doveri andare in giro con chili di roba. In realta' e' proprio questo quello che mi manca. Non prendo appunti e scrivo quello che mi ricordo dopo un po' di tempo... magari aggiungendo commenti con l'aria di "chi sa gia' come andra' a finire".
Scrivo forse la meta' di quello che mi succede e, imparando da Caciu, il 60% di quello che scrivo e' una balla :)